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Dossier Valore normale o catastale: conta l’uso futuro

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    Dossier | N. 54 articoliL’agenda del professionista

    Valore normale o catastale: conta l’uso futuro

    L’opzione per sostituire il valore catastale degli immobili assegnati (determinato ex articolo 52, comma 4, del Dpr 131/1986) a quello normale è meno banale di quanto possa sembrare in prima battuta. Tre sono gli elementi per effettuare la scelta più conveniente, ricordando che il valore opzionato, oltre che influire sul calcolo della sostitutiva e dell’eventuale imposta di registro, vale quale costo fiscalmente riconosciuto del bene post-operazione in capo al socio assegnatario:

    - Il tipo di bene oggetto di assegnazione (immobile abitativo, commerciale, terreno agricolo e edificabile);

    - Le intenzioni del socio in merito al bene;

    - La natura soggettiva del socio (imprenditore o privato).

    Se il socio è, a sua volta, in regime d’impresa, è possibile che si scelga il valore normale. Infatti, ricavi e plusvalenze immobiliari sono sempre imponibili nel reddito d’impresa, per cui l’opzione per un parametro inferiore ridurrebbe l’onere immediato dell’assegnazione, ma trasferirebbe plusvalenza imponibile al socio, sostituendo una imposizione ordinaria a quella sostitutiva prevista in questa sede dal legislatore.

    Ove il socio, invece, sia una persona fisica “privata”, molto dipende dal tipo di bene assegnato e dalle future scelte sul suo impiego da parte del socio stesso. Terreni agricoli e fabbricati in genere, in ambito Irpef, cessano di essere plusvalenti a cinque anni dall’acquisizione, mentre ciò non accade per i terreni edificabili.

    Nel caso sia assegnata un’abitazione, vanno esplorate le possibilità di fruire, nell’ambito dell’imposizione indiretta, dell’agevolazione “prima casa” e del meccanismo del “prezzo valore” mentre, per quanto riguarda l’Irpef, la cessione dell’immobile destinato a costituire abitazione principale del contribuente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo compreso tra l’acquisizione e la vendita non sconterà imposte, anche se il possesso è durato meno di un quinquennio.

    Dove è probabile che il bene origini in futuro un plusvalore imponibile (ad esempio, vendita infraquinquennale da parte del socio divenuto titolare del bene assegnato), la scelta del valore normale consente di trasferire al socio un bene a un valore allineato con il mercato, sterilizzando con la sostitutiva un futuro aggravio di Irpef  – a maggior ragione in presenza di aliquote Irpef elevate per il socio.

    La circolare 26/E/2016 ha ribadito alcuni punti chiave:

    - è utilizzabile un qualunque valore intermedio tra quello catastale e quello di mercato;

    - il quinquennio rilevante, ai fini dell’applicazione di cui all’articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir decorre dalla data dell’atto di assegnazione;

    in caso di assegnazione dei beni con contestuale accollo dei debiti da parte del socio, il valore da considerare ai fini della rilevanza fiscale in capo a quest’ultimo va considerato al netto dell’importo dei debiti accollati.

    Su quest’ultimo punto, secondo uno studio del Notariato (n. 73-2017/T), occorre comunque che «nel passivo dello stato patrimoniale risulti un netto contabile disponibile, il cui ammontare sia almeno pari o superiore al valore contabile dei beni assegnati e a prescindere dalla sussistenza di passività nelle quali il socio assegnatario potrebbe subentrare». Tale prescrizione non è richiesta a livello fiscale.

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