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Dossier Società di ingegneria aperte ai lavori privati

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    Dossier | N. 54 articoliL’agenda del professionista

    Società di ingegneria aperte ai lavori privati

    La legge sulla concorrenza recentemente approvata dal Parlamento (legge 4 agosto 2017, n. 124) contiene una serie di importanti prescrizioni anche per le società di ingegneria. Viene anzitutto previsto che queste società vengano equiparate a tutte le altre società tra professionisti sotto il profilo:

    dell’obbligo di stipulare una polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile conseguente allo svolgimento delle attività professionali verso la loro clientela;

    della garanzia che tali attività professionali siano svolte da professionisti, nominativamente indicati, iscritti negli albi professionali.

    La sanatoria in campo

    Inoltre, la legge sulla concorrenza dispone una sanatoria per eventuali invalidità da cui siano affetti i contratti di incarico professionale in passato stipulati da queste società. Si tratta di una questione parecchio complicata da una serie di leggi che si sono sovrapposte nel tempo in questa materia e sulla quale, tra l’altro, si è di recente pronunciata la Cassazione con la sentenza n. 7310 del 22 marzo 2017, nella quale è stato deciso che:

    solo dal 2012, e cioè dall’entrata in vigore della legge 183/2011, è lecito che l’attività di progettazione di ingegneria civile, sia svolta, oltre che da ingegneri e architetti (individualmente o nella forma della studio associato), anche da una società tra professionisti (Stp) o da una «società di ingegneria», e cioè dalla società disciplinata dapprima dalla legge 109/1994 e poi dal Dlgs 163/2006 e oggi dal Dlgs 50/2016;

    anteriormente all’entrata in vigore della legge 183/2011, la società di ingegneria poteva bensì effettuare attività di progettazione e direzione dei lavori, ma solo nell’ambito dei “lavori pubblici” e non in dipendenza di committenze private.

    Per comprendere la questione, c’è bisogno di considerare l’iter normativo che ha avuto a oggetto le società di ingegneria, iniziato con la legge 183/1976 e poi proseguito con le leggi 92/1979 e 17/1981, le quali consentirono la costituzione di società di ingegneria (nelle due forme cosiddette del commercial e del consulting engineering), così parzialmente abrogando il divieto, previsto dalla legge 1815/1939, di esercizio in forma societaria delle professioni ordinistiche.

    Lo sviluppo delle società

    Sulla base di questa originaria legislazione, per fattispecie formatesi anteriormente all’entrata in vigore della legge 109/1994, la Cassazione (sentenze numero 10872/1999, 10937/1999 e 24922/2007) aveva dunque ritenuto lecito l’affidamento alla società di ingegneria di incarichi in cui l’apporto intellettuale dell’ingegnere fosse uno dei vari fattori del più complesso risultato promesso al committente e, viceversa, aveva sancito l’illiceità di incarichi alle società di ingegneria aventi a oggetto un’opera di progettazione di ingegneria civile interamente rientrante nell’attività professionale tipica dell’ingegnere e dell’architetto.

    Sennonché, con legge 109/1994 (le cui norme sono state successivamente ribadite nel Dlgs 163/2006 e poi nel Dlgs 50/2016, la legge oggi vigente sugli appalti pubblici), la materia venne riformata con la previsione che, nell’ambito dei “lavori pubblici”, la società di ingegneria (costituita anche come società di capitali e avente come soci anche o solo soci non professionisti) potesse essere compresa tra i soggetti idonei ad effettuare attività di progettazione, direzione dei lavori e attività accessorie alle precedenti e, quindi, a eseguire anche le prestazioni progettuali tipiche dell’ingegnere e dell’architetto: la legge 109/1994, infatti, sancì in particolare che le società di ingegneria potessero eseguire «studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni e direzione lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale».

    Il limite dei lavori pubblici

    Questa limitazione dell’attività progettuale delle società di ingegneria al solo campo dei lavori pubblici è dunque perdurata – secondo la Cassazione – fino a che non è intervenuta la legge 183/2011 sulle società tra professionisti (Stp): anche la legge 266/1997, che abrogò il divieto di cui alla legge 1815/1939, non riuscì ad avere questo effetto di ammettere incarichi di committenza privata alle società di ingegneria per lo svolgimento di attività di progettazione proprie della professione dell’ingegnere e dell’architetto. Infatti, la legge 266/1997 prevedeva un decreto attuativo che non venne mai emanato, con il risultato che l’esercizio della libera professione sotto forma societaria non ottenne allora alcuno sdoganamento, fatta eccezione per specifici interventi settoriali del legislatore (quali la legge 96/2001 per la professione forense).

    Per aversi il via libera all’esercizio della professione ingegneristica a committenza privata mediante un veicolo societario fu necessario pertanto attendere la predetta legge 183/2011, la quale, nell’introdurre nel nostro ordinamento la figura della Stp, ha fatto salvi (articolo 10, comma 9) i modelli societari già vigenti, quali appunto le società di ingegneria le quali, da quel momento, hanno dunque potuto affrancarsi dal mero ambito dei lavori pubblici per esercitare la loro attività anche nel campo dei lavori commissionati da soggetti diversi dalla pubblica amministrazione.

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