Secondo le Entrate (risoluzione 99/E/2017), le operazioni “circolari” realizzano ipotesi di abuso del diritto. Il caso analizzato risulta il seguente: una società intestataria di un immobile, che utilizza direttamente, intende assegnarlo ai soci, fruendo delle norme agevolative della legge 208/2015. Queste ultime, tuttavia, prevedono il trattamento agevolativo per gli immobili diversi da quelli utilizzati direttamente. La società reputava quindi di: conferire l’azienda in una new-co costituita dagli stessi soci della società conferente; concedere in locazione l’immobile alla stessa new-co; 3) assegnare l’immobile ai soci. Infine, la società intendeva sciogliersi e assegnare ai soci la partecipazione nella new-co. Secondo l’Agenzia, tutto ciò realizzerebbe ipotesi di abuso del diritto. Questo in quanto l’operazione complessiva consentirebbe al bene immobile di potere rientrare indebitamente nella disciplina dell’assegnazione agevolata.
Le operazioni «circolari»
Si tratterebbe, secondo la risoluzione 99/E, di un’operazione cosiddetta “circolare”: il percorso negoziale seguito porta a un risultato sostanzialmente identico al punto di partenza. Per operazioni circolari devono infatti intendersi quelle sequenze negoziali i cui effetti sono destinati ad elidersi, di modo da lasciare sostanzialmente immutato l’assetto originario. La ratio delle operazioni circolari risulta, di fatto, quello di conseguire un vantaggio fiscale esclusivo, così che il risultato fiscale coincide con quello economico.
Anche se non si vuole avvalorare la liceità delle operazioni prospettate nella risoluzione, qualche dubbio vi è sul fatto che si tratti di abuso del diritto. Le operazioni “circolari” sono di fatto situazioni ascrivibili alla simulazione/dissimulazione/interposizione (fittizia), cioè vicende di evasione. Si evade, infatti, non soltanto quando si agisce apertamente contra legem, ma anche quando viene palesato un assetto negoziale apparente. Ovviamente, ai fini dell’imposizione tributaria, il compito dell’amministrazione è quello di accertare l’assetto effettivo, che è l’unico rilevante ai fini dell’applicazione dei tributi e al quale i contribuenti devono comunque fare riferimento nell’adempiere ai propri obblighi, formali e sostanziali.
Le scelte del contribuente
Occorre tenere inoltre conto che il contribuente può scegliere, tra le varie opzioni previste dall’ordinamento, quella fiscalmente meno onerosa, e questo a prescindere dall’esistenza della sostanza economica delle operazioni poste in essere. Una società, ad esempio, può legittimamente trasformarsi in società di altro tipo solamente per fruire di un’imposizione più favorevole. Non c’è sostanza economica che tenga, se non quella del vantaggio fiscale. Allo stesso modo, già la relazione al vecchio articolo 37-bis del Dpr 600/1973 imputava al legittimo risparmio d’imposta la scelta di incassare un provento in un esercizio in luogo di un altro: scelta fatta per esclusive ragioni fiscali. Questo per dire che risulta un fraintendimento quello di ricercare l’abuso nell’assenza di sostanza economica e per affermare che, per il caso della risoluzione 99/E, l’Agenzia avrebbe potuto utilizzare la dissimulazione delle operazioni poste in essere, in luogo dell’abuso del diritto.
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