Se la sequenza scissione-cessione delle partecipazioni (della scissa o della beneficiaria) risulta operazione perfettamente legittima se riguarda compendi aziendali, qualche dubbio si pone quando la scissione (cui segue la cessione delle partecipazioni) ha per oggetto singoli beni.
Con la risoluzione 97/E/2017 l’Agenzia ha finalmente superato – come si è riportato nell’articolo sopra - il precedente orientamento che ravvisava l’elusività della sequenza negoziale scissione-cessione della partecipazione, a meno che non venissero dimostrate le “mistificatorie” valide ragioni economiche. Si è sempre sostenuto su queste pagine, infatti, l’erroneità della tesi che individuava l’assenza di valide ragioni economiche (ora sostanza economica) quale elemento fondante dell’elusione. Le valide ragioni economiche non potevano che costituire un eventuale elemento di giustificazione circa la non elusività delle operazioni.
Il risparmio di imposta
L’Agenzia ha riconosciuto, in sostanza, in ragione del principio del legittimo risparmio d’imposta, che un’azienda o un ramo d’azienda può circolare in via diretta o in via indiretta. In quest’ottica, la scissione seguita dalla cessione delle partecipazioni (nella scissa o nella beneficiaria) consente di accedere a questa alternativa, che è uno dei cardini della libertà di scelta di cui gode il contribuente. E questo a prescindere dalla sussistenza di valide ragioni economiche (oggi sostanza economica) o meno.
Occorre comunque rilevare che nella risoluzione 97/E/2017 l’agenzia delle Entrate rileva che la sequenza scissione-cessione delle partecipazioni non deve riguardare “società sostanzialmente costituite solo da liquidità, intangibles o immobili”. Se ne ricava la contrarietà dell’Agenzia – e, quindi, il riconoscimento dell’abuso del diritto – quando la scissione risulta seguita dalla cessione delle partecipazioni della società (scissa o beneficiaria) destinataria di singoli beni e non di compendi aziendali. In pratica, per l’agenzia delle Entrate la scissione avente ad oggetto, ad esempio, soli beni immobili potrebbe risultare elusiva se seguita dalla cessione delle partecipazioni.
La tesi di Assonime
Al riguardo, occorre rilevare l’osservazione di Assonime (circolare 20/2017) secondo cui il risultato dell’operazione è sostanzialmente lo stesso di quello che si sarebbe realizzato in presenza di una partecipazione in una società che dall’origine avesse detenuto (soltanto) il singolo bene. In questo caso la scelta se cedere la partecipazione o il bene sarebbe stata certamente legittima e non elusiva. Per cui Assonime nutre dei notevoli dubbi sul fatto che la scissione avente per oggetto singoli beni seguita dal trasferimento delle partecipazioni risulti elusiva. In definitiva, anche Assonime rileva che i casi rientranti nell’abuso del diritto sono estremamente rari. Uno di questi è senz’altro quello dell’interposizione reale, che, di fatto, è il caso paradigmatico. Si tratta di un contratto perfettamente valido (per le parti e i terzi) da cui si ricava un vantaggio fiscale indebito. Infatti, l’elusione si ha in presenza di contratti, negozi, perfettamente legittimi da cui si consegue un vantaggio tributario indebito. Quando, invece, il contratto, l’assetto negoziale, risulta apparente o, comunque, alterato si è nel campo dell’evasione.
© Riproduzione riservata