La nuova disciplina dello smart working pone in termini diversi dal passato il tema dell’esercizio del potere di controllo sulla prestazione lavorativa.
Questo potere datoriale, insito nella stesso concetto di subordinazione, si esercita, nella maggioranza delle situazioni, de visu, nelle sedi aziendali. La modalità di lavoro agile certamente si basa su un incremento dell’investimento fiduciario nella relazione lavorativa, ma non elimina dal rapporto di lavoro il potere datoriale di controllo.
Anzi, la prestazione fuori dal perimetro aziendale, in luoghi che non è neppure necessario comunicare al datore di lavoro, pone con maggior forza il tema.
Le nuove modalità
Se il potere di controllo rimane, cambiano le modalità di esercizio, che non può che avvenire attraverso la mediazione dello strumento tecnologico utilizzato per lo svolgimento dell’attività lavorativa, in particolare sotto il profilo del raggiungimento dei risultati richiesti. La consapevolezza di ciò ha portato il legislatore ad inserire nel testo normativo una apposita disposizione (articolo 21, «Potere di controllo e disciplinare»), nel quale si prevede espressamente che «l’accordo relativo alla modalità di lavoro agile disciplina l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970 n. 300 e successive modificazioni».
Sotto questo profilo, la nuova formulazione dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, operata dal Dlgs 151/2015 si rivela fondamentale, al punto da poter affermare che ben difficilmente lo smart working avrebbe potuto essere disciplinato e soprattutto praticato nel vigore della precedente normativa sui controlli.
L’uso degli strumenti
Il nuovo articolo 4 non prevede l’autorizzazione sindacale o amministrativa per gli strumenti di lavoro, ma soprattutto fa venir meno per questi ultimi il divieto generale di controllo a distanza dell’attività lavorativa. Il che, appunto, rende possibile il controllo della prestazione dello smart worker attraverso lo strumento tecnologico utilizzato per rendere la prestazione lavorativa. Ciò, naturalmente, a condizione che i lavoratori siano adeguatamente informati sulle modalità di uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli, e che venga rispettato quanto disposto dal Codice della privacy. Se tali condizioni vengono rispettate, tutte le informazioni raccolte tramite gli strumenti di lavoro sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro. Il che è fondamentale, nello smart working più ancora che per il lavoro reso in modalità tradizionale, per il controllo dei risultati della prestazione lavorativa e per l’esercizio del potere disciplinare. Quanto a quest’ultimo, la legge espressamente prevede che nell’accordo individuale sul lavoro agile vengano indicate le condotte, connesse all’esecuzione della prestazione all’esterno dell’azienda, passibili di sanzione disciplinare.
La sicurezza
Un altro tema centrale nella disciplina del smart working è quello della sicurezza del lavoratore. Nel vecchio telelavoro, in cui la prestazione veniva svolta in un luogo fisso e predeterminato, il problema era risolto ponendo a carico del datore di lavoro l’obbligo di allestire una postazione lavorativa a norma, anche a casa del dipendente. Addirittura era prevista l’effettuazioni di ispezioni presso il domicilio per verificarne la conformità alle prescrizioni di sicurezza. Questo ovviamente non è possibile nel lavoro agile, che si caratterizza per la libertà del dipendente di scegliere il luogo dove lavorare.
La nuova legge affronta quindi il tema da un duplice punto di vista: l’estensione della copertura assicurativa Inail al di fuori del perimetro aziendale, da un lato, e la rimodulazione dell’obbligo di sicurezza del datore di lavoro, dall’altro.
Sotto il primo profilo, l’ampliamento del rischio coperto dall’Inail è mitigato dalla previsione che l’infortunio occorso nel tragitto tra l’abitazione del dipendente e il luogo scelto per svolgere la prestazione è coperto dall’assicurazione obbligatoria solo se la scelta del luogo è dettata da esigenze lavorative o di conciliazione dei tempi vita-lavoro e risponde a criteri di ragionevolezza.
Quanto al secondo profilo, è previsto il dovere del datore di fornire un’informativa scritta sui rischi connessi al lavoro all’esterno dei locali aziendali, ma soprattutto si prevede espressamente il dovere del lavoratore di cooperare nella prevenzione di tali rischi. Il che pare logico, essendo il datore del tutto estraneo alla scelta del luogo dove svolgere la prestazione.
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