La risoluzione 87/E/2017 precisa che la comunicazione dei dati delle fatture può essere integrata e rettificata anche oltre il quindicesimo giorno successivo al termine previsto per l’adempimento, al fine di ravvedere l’omesso o errato adempimento comunicativo.
Tempi e importi
L’articolo 11, comma 2 bis del Dlgs 471/1997 stabilisce la sanzione amministrativa in caso di omessa o errata trasmissione dei dati delle fatture, pari a due euro per ogni fattura con il limite di mille euro per ciascun trimestre; inoltre la norma dispone la riduzione a metà della sanzione che diventa quindi di un euro per ciascun documento, con un massimo di 500 euro a trimestre, se la trasmissione corretta è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza originaria.
L’Agenzia, con la risoluzione 104/E del 28 luglio 2017, ha confermato l’applicazione del ravvedimento operoso con le sanzioni previste dalla legge, le riduzioni indicate all’articolo 13, lettere a bis) e seguenti del Dlgs 472/1997. Pertanto le sanzioni possono essere ridotte partendo da un nono a un quinto, a seconda del momento in cui viene regolarizzata la comunicazione ed eseguito il versamento della sanzione.
Secondo l’agenzia delle Entrate possono essere regolarizzate anche le comunicazioni omesse, a condizione che vengano trasmesse anche oltre i termini stabiliti dalla legge. Il ravvedimento richiede quindi l’obbligo di trasmettere nuovamente la comunicazione versando la relativa sanzione.
Ovviamente il ravvedimento non è possibile se nel frattempo sono stati notificati atti di accertamento.
Il calcolo
Il ravvedimento segue due modalità di calcolo della relativa sanzione a seconda che l’integrazione avvenga entro quindici giorni dal termine previsto per la trasmissione oppure successivamente. Ciò perché se la regolarizzazione avviene entro il termine di 15 giorni la sanzione è di un euro per ogni fattura riportata erroneamente od omessa, mentre qualora la regolarizzazione avvenga dopo tale termine la sanzione è di due euro per fattura riportata in modo errato o omessa. Secondo le indicazioni dell’Agenzia e sulla base degli esempi riportati nella risoluzione 104/E, se la regolarizzazione della comunicazione viene eseguita entro il termine di quindici giorni, si applica la sanzione minima di un euro per documento, ma il versamento della sanzione può essere eseguito anche negli anni successivi; in sostanza regolarizzazione e versamento della sanzione possono essere non contestuali. L’esempio riportato riguarda 180 fatture errate e regolarizzate entro quindici giorni dalla scadenza: se il versamento della sanzione viene eseguito oltre il termine della dichiarazione Iva del secondo anno successivo la sanzione è pari a 30 euro (180 per 1 euro per 1/6).
Ulteriori irregolarità
La risoluzione 87/E/2017 si occupa di altre ipotesi di potenziali irregolarità. Una fattispecie possibile riguarda le informazioni anagrafiche dei clienti o fornitori (denominazione, nome, cognome, sede) che potrebbero nel tempo cambiare senza che sia avvenuta la modifica del codice fiscale e della partita Iva. Si pensi al caso di una trasformazione societaria oppure alla semplice modifica della denominazione. L’agenzia raccomanda di riportare l’informazione più aggiornata a disposizione: ove manchi la sede delle controparti gli elementi informativi possono essere valorizzati con la stringa
“dato assente” senza incorrere in sanzione.
In caso di fattura che comprenda l’acquisto intracomunitario di beni, tipo documento “TD10” e l’acquisto intracomunitario di servizi “TD11”, si deve adottare la sigla del documento in base alla prevalenza della operazione sulla base dell’importo delle cessioni o delle prestazioni.
La medesima risoluzione ricorda infine che non sono possibili fatture cointestate ad un committente o acquirente che siano soggetti passivi Iva. Una fattura può essere cointestata a più soggetti solo se i clienti sono privati; in questo caso si devono riportare i dati di uno solo dei cointestatari.
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