L’annunciato rinvio di un anno dell’Iri, l’imposta sul reddito imprenditoriale che la legge di Bilancio 2018 dovrebbe far slittare di 12 mesi, non risolve i tanti problemi emersi sulla sua applicazione pratica e anzi ne apre di nuovi. In attesa che il debutto nell’esercizio 2018 (anziché 2017) venga messo nero su bianco dal Parlamento con l’approvazione della manovra, è utile chiedersi quale soluzione possano trovare i punti ancora incerti e cosa accada a chi confidava di poter entrare nel regime opzionale già da quest’anno e aveva orientato in tal senso i prelevamenti e gli acconti d’imposta.
Il funzionamento del meccanismo regolato dall’articolo 55-bis del Tuir ruota attorno all’ammontare dei prelievi operati dai soci (o dal titolare e collaboratori). Grandezza che, evidentemente, non può che formarsi “per cassa” nel corso dell’esercizio, ragion per cui, chi intendeva optare per il regime sin dal 2017, aveva già fatto tutti suoi calcoli e si era comportato di conseguenza.
Se veramente ci sarà il rinvio all'esercizio 2018, le “strategie” messe in atto pensando all’Iri saranno del tutto inutili, ed il reddito a fine anno si renderà imponibile per trasparenza ai sensi dell'articolo 5 del Tuir, ossia in proporzione alle rispettive quote. Più complesso è il problema degli acconti d'imposta, che questa estate potrebbero essere stati versati (o, più spesso, non versati) facendo affidamento sulla validità del nuovo regime. La situazione interessa soprattutto i soci/titolari/collaboratori che hanno determinato gli acconti con il metodo previsionale basandosi sui prelievi programmati ovvero addirittura, in caso di riserve preesistenti capienti, ipotizzando un reddito partecipativo nullo per il 2017. E' evidente che lo slittamento del regime non può travolgere queste scelte fatte in perfetta buona fede, per cui, se proprio non si troveranno alternative al rinvio, occorre accompagnarlo con una clausola di salvaguardia che impedisca di sanzionare gli acconti rivelatisi incapienti.
Come funziona
La novità consiste nel proporre un'alternativa al regime di trasparenza obbligatorio per imprese individuali e società di persone (articolo 5 del Tuir) ovvero opzionale per le “piccole” Srl (articolo 116 del Tuir), prevedendo una imposizione a doppio livello.
Per i redditi non prelevati si ha una tassazione separata del 24% (stessa aliquota Ires), mentre le somme prelevate (nei limiti del reddito dichiarato nel periodo d'imposta ed in quelli precedenti assoggettati ad Iri, al netto delle perdite residue riportabili: il “plafond Iri”) sono assoggettate ad Irpef in capo ai soci (ovvero all'imprenditore ed ai suoi eventuali collaboratori familiari) ma, contemporaneamente, sono dedotte dal reddito d'impresa, presumibilmente con una variazione in diminuzione in sede dichiarativa.
Il prelievo del 24%, pertanto, si presenta come una sorta “di acconto” dell'Irpef che verrà assolta all'atto della effettiva distribuzione dei redditi, ma finisce per essere una imposizione definitiva per tutte quelle somme che formano il reddito ma non sono prelevabili (costi indeducibili in primis).
Le questioni irrisolte
Alcuni dubbi sul funzionamento del meccanismo impositivo riguardano l’attribuzione del reddito a soci e familiari e quella delle ritenute subite. Nel primo caso, infatti, pur se la condizione affinché si verifichi la tassazione personale (e la deduzione in capo all’impresa) è data dal prelievo delle somme, sembra di poter concludere che l’attribuzione non avviene in ragione delle somme prelevate ma pur sempre delle rispettive quote di partecipazione agli utili (o, meglio, al reddito d’impresa). Anche le ritenute, in linea di principio, dovrebbero essere attribuite (sempre pro quota) ai soci, al titolare e ai collaboratori, ma ci si chiede se non sia più opportuno prevedere anche un (prioritario? proporzionale?) scomputo dall’imponibile Iri.
Non è stato disciplinato il raccordo con l’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 47 del Tuir (prioritaria distribuzione degli utili rispetto alle riserve di capitale), intervento che appare opportuno almeno per le “piccole Srl”.
Una questione rilevante riguarda la presunzione prevista dal comma 6, secondo cui le riserve già tassate per trasparenza prima dell’ingresso in Iri (assai frequenti proprio nei soggetti che troveranno interessante l’opzione) si presumono distribuiti prioritariamente rispetto a quelle formate in costanza di regime Iri. La norma non specifica se tale presunzione sia da considerarsi assoluta, cosa che renderebbe molto rigido il sistema, mettendo a rischio, per i soci privi di altri redditi non a tassazione separata, l’utilizzo delle detrazioni e deduzioni d’imposta nei primi anni di ingresso nel regime.
© Riproduzione riservata