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Dossier La mobilità nuova ha bisogno di integrazione

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    Dossier | N. 15 articoliAuto, tutte le novità e le tendenze

    La mobilità nuova ha bisogno di integrazione

    Futuro green. L’utilizzo di veicoli  a basse emissioni, integrati con mezzi, come le e-bike cambieranno il sistema di mobilità urbana. Nella foto  la show car Volkswagen I.D. capostipite di una futura gamma di elettriche con autonomia di 500 km. Il gruppo tedesco ha anche creato Moya, brand specializzato in soluzioni di mobilità
    Futuro green. L’utilizzo di veicoli a basse emissioni, integrati con mezzi, come le e-bike cambieranno il sistema di mobilità urbana. Nella foto la show car Volkswagen I.D. capostipite di una futura gamma di elettriche con autonomia di 500 km. Il gruppo tedesco ha anche creato Moya, brand specializzato in soluzioni di mobilità

    Cambiamento. È la parola “magica” della nostra epoca e che sta investendo tutti i settori, in particolar modo la mobilità. Globalizzazione, urbanizzazione, sostenibilità, tecnologie sono solo alcuni dei fattori che danno una direzione al cambiamento e, di conseguenza, alla mobilità. I costruttori automobilistici devono ripensare il loro, ormai consolidato, modello di business per adattare l’offerta alle esigenze delle nuove (e non solo) generazioni. Proprio queste ultime sono un ottimo punto di osservazione per progettare il futuro della mobilità perché portatori delle richieste dei prossimi anni. Per fare ciò, è necessario prendere in considerazione tre assunti di base: il primo riguarda il tempo, la risorsa più importante e va ottimizzata.

    Il secondo, si riferisce ad un cambiamento culturale e sociale delle persone: su una popolazione mondiale di 7.476 miliardi di persone, sono stati sottoscritti 8.047 miliardi contratti telefonici (mobile) e più della metà della popolazione possiede uno smartphone (fonte We are social 2017). Il terzo riguarda l’auto, un mezzo che passa l’80% del suo ciclo vitale ferma. Questi dati evidenziano che non è più possibile pensare alla mobilità come la intendevamo fino a dieci anni fa, ma è necessario un cambiamento di direzione, in grado di mettere d’accordo la nuova sensibilità sociale (con le relative necessità) e l’offerta delle aziende. In primo luogo, bisogna considerare che le tecnologie sono degli strumenti con una penetrazione mai vista prima e che permettono di fare nuove cose, modellando nuove tendenze sociali che, attraverso la connettività sono proprio quel punto di contatto con i clienti e da cui si ha accesso al nuovo “oro nero” dei Big Data da rielaborare per proporre un reale valore al mercato. La mobilità non è più quindi pensata attorno ad un mezzo di trasporto, bensì nasce dalle esigenze degli utenti che, cercando di ottimizzare il tempo, sfruttano le potenzialità dei device, in particolare degli smartphone e delle applicazioni. Ed è proprio qui il cambiamento. Lato business, nasce la necessità di entrare a far parte della quotidianità delle persone offrendo servizi integrati e con un reale valore percepito dall’utente. Attori che fino a pochi anni fa appartenevano a settori diversi, oggi sono obbligati a confrontarsi e collaborare per rispondere alle domande di mercato, presentando offerte sempre più digitali, connesse e condivise. Non stiamo parlando di un futuro lontano con auto a guida autonoma o droni volanti, ma di un tempo che è ormai presente.

    Le partnership con aziende specializzate in tecnologia sono un primo passo per integrare lo smartphone al sistema di infotainment dell’auto, ma da questo è necessario che si apra una vetrina ancora più ampia. I colossi dell’automotive si devono ripensare e da costruttori trasformarsi sempre di più in fornitori di servizi in grado di collaborare con una serie di altri provider per offrire un “pacchetto” di mobilità completo.

    Per le strade delle grandi città italiane come Milano, Roma, Torino e Firenze, sono numerosi i servizi di car sharing gestiti da società che vedono la collaborazione di case automobilistiche, per esempio Car2Go di Daimler o DriveNow del Gruppo Bmw. Questi servizi sì rappresentano una modalità alternativa all’auto privata, ma hanno dei limiti: funzionano solo se in centri con una densità abitativa elevata e con una flotta di almeno 300 veicoli. Lo step successivo è rappresentato da nuove realtà come Moia, il tredicesimo brand del Gruppo Volkswagen dedicato alla “nuova” mobilità che mira a sviluppare un sistema di servizi in autonomia e in collaborazione con città e aziende di trasporto già esistenti. Sempre restando nel gruppo di Wolfsburg, Seat ha appena inaugurato il Metropolis:Lab di Barcellona, un hub incentrato sul confronto con aziende e start-up che mira a creare nuovi progetti di mobilità. Si allarga quindi lo sguardo del modello di business classico dell’automotive per collaborare con attori di altri settori e portare alla realizzazione di servizi di mobilità che ne includono altri, permettendo di ottimizzare il tempo. Per esempio, si parlerà sempre più di intermodalità, cioè l’integrazione di diversi mezzi di trasporto per raggiungere una destinazione. Quello che non è successo in 100 anni dalla nascita dell’auto, sta accadendo in un decennio, con un’ondata di novità proveniente da altri settori. Le case automobilistiche devono cogliere l’onda del cambiamento altrimenti rischiano di essere integrate da attori di settori che erano affini.

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