Per anni è stato quasi impossibile mettere in dubbio il funzionamento dell’etilometro davanti al giudice. Una svolta, però, è stata segnata dalla Cassazione con la sentenza 28388/2012, secondo cui gli esiti dei test sono sì validi, ma non fino al punto da costituire prova legale inconfutabile dell’illecito.
Sta alla difesa fornire prova dei limiti dell’etilometro. Nel caso della sentenza 28388, la prova è costituita dal fatto che l’imputato non aveva bevuto, ma aveva una malattia cronica che lo costringeva ad assumere un farmaco che si è dimostrato potesse incidere sul risultato del test. Un caso molto particolare – ma il principio è stato poi richiamato da altre sentenze – è quello in cui la difesa fornisce prove del fatto che l’etilometro è stato usato a una temperatura non prevista dalle istruzioni oppure ha la taratura scaduta.
Chi invece è in grado di dimostrare che il tasso alcolemico misurato dall’etilometro è diverso da quello rilevato con analisi del sangue può sollevare il problema del fattore di conversione usato per ottenere il tasso di alcol nel sangue partendo da quello dell’aria soffiata nell’etilometro. È un moltiplicatore che stabilisce il rapporto presumibile tra le molecole di alcol espirate e la concentrazione nel sangue. Secondo la normativa italiana il fattore è pari a 2.300. Ma tale moltiplicatore non è indiscutibile: in Svizzera, ad esempio, il Dipartimento federale di giustizia e polizia (Dfgp), con ordinanza del 28 maggio 2011, ha stabilito un fattore di conversione pari a 2.000. Di conseguenza, posto che l’attuale limite di alcolemia vigente in Svizzera è pari a quello italiano (0,5 g/l), un conducente con un espirato alcoolico pari 0,00023 sarebbe considerato ebbro in Italia e sobrio nella confinante Svizzera.
Anche per quanto riguarda i Paesi comunitari ritroviamo valori del fattore di conversione disallineati da quello italiano, pur essendo gli Stati vincolati dalla medesima raccomandazione europea. Infatti, Francia e Inghilterra adottano un fattore di conversione pari a 2.100, con evidenti ricadute di disparità sui conducenti controllati in ambito comunitario. La questione, a quanto consta, non risulta che sia stata ancora esaminata dalla giurisprudenza di legittimità: la sua importanza, con tutta evidenza, è però tutt’altro che trascurabile.
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