Dopo una prima giornata ricca di soddisfazioni, la Mostra di Venezia regala la prima delusione del concorso con «The Mountain», nuovo lungometraggio dell'americano Rick Alverson.
Ambientato negli Stati Uniti degli anni Cinquanta, il film ha come protagonista un giovane introverso che ha da poco perso il padre. Il ragazzo finisce per unirsi a un bizzarro lobotomista, che promuove una procedura la cui validità è da poco stata smentita. Durante le visite negli ospedali psichiatrici, il giovane comincia a identificarsi con i pazienti, in particolare con la figlia di un carismatico leader del nascente movimento New Age.
Regista che si era fatto conoscere nel mondo dei festival con «Entertainment» del 2015, Rick Alverson firma questa volta una pellicola confusa e inconcludente, priva di una sceneggiatura adeguata al concorso di una kermesse così importante.
Se le immagini riescono almeno nella prima parte a incuriosire (soprattutto per un discreto lavoro sull'illuminazione), sono i dialoghi e le svolte narrative a renderlo un prodotto difficilmente digeribile, incapace di offrire spunti realmente degni di nota allo spettatore.
Il cast è ricco, ma l'unico a salvarsi è Udo Kier (in una parte secondaria), mentre Tye Sheridan (nei panni del giovane protagonista), Jeff Goldblum (il lobotomista) e Denis Lavant (il controverso leader New Age) recitano nettamente al di sotto delle loro capacità e non riescono, purtroppo, ad alzare il livello di un prodotto che cala sempre di più col passare dei minuti.
Film che invece fa riflettere e lancia diversi messaggi importanti è il documentario «Isis, Tomorrow. The Lost Souls of Mosul» (presentato fuori concorso), una co-produzione tra Italia e Germania diretta a quattro mani da Francesca Mannocchi e Alessio Romenzi.
Se sull'Isis sono stati realizzati già diversi prodotti simili, l'originalità di questa operazione risiede nel fatto di essersi concentrata sui bambini, educati alla violenza e al martirio fin dalla più tenera età. Per l'Isis sono proprio i bambini l'arma più efficace per portare nel futuro l'idea di un Califfato universale: creare un mondo diviso a metà, da un lato i jihadisti e dall'altro lato gli infedeli da sterminare. Solo a Mosul, nei tre anni di occupazione dello Stato Islamico, hanno vissuto 500.000 minori.
Attraverso una messinscena documentaristica classica ma efficace, il film ripercorre i mesi di guerra attraverso le voci dei figli dei miliziani addestrati a diventare kamikaze, ma anche delle loro vittime e di chi li ha combattuti.
Seguendo i destini delle famiglie sopravvissute nella complessità del dopoguerra, «Isis Tomorrow. The Lost Souls of Mosul» offre una panoramica dal forte spessore educativo, capace di approfondire una realtà che raramente è stata raccontata con tanta forza sul grande schermo.
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