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Dossier Identità digitale: la password unica Spid aiuta le pratiche web

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    Dossier | N. 2 articoliServizi e Pa online: lidentità digitale

    Identità digitale: la password unica Spid aiuta le pratiche web

    Da gennaio a luglio di quest’anno le identità digitali sono cresciute di oltre il 26%, passando da 2,1 milioni a più di 2,7. Non si può ancora dire che Spid - il Sistema pubblico di identità digitale, che consente di accedere con un unico Pin a molti servizi della pubblica amministrazione - abbia ingranato la quarta, ma l’aumento è significativo. La progressione è tra 20mila e 30mila identità rilasciate ogni settimana.

    Merito, spiegano dal team di Diego Piacentini - commissario all’agenda digitale - del fatto che diverse pubbliche amministrazioni spingono su Spid come principale strumento di accesso ai loro servizi. A cominciare dall’agenzia delle Entrate che quest’anno ha messo l’identità digitale in prima fila tra le chiavi per consultare e scaricare il 730 precompilato.

    Una considerevole spinta alla diffusione di Spid è arrivata dal bonus cultura dedicato ai 18enni. Per poter accedere all’agevolazione, infatti, è necessario dotarsi dell’identità digitale. E non è un caso se tra i 2,7 milioni di utenti di Spid quasi il 28% sia compreso nella fascia tra 18 e 24 anni, che insieme a quella tra i 45 e 54 anni e all’altra tra i 55 e 64, rispettivamente al 23 e 22%, copre la gran parte dei possessori di identità digitale.

    Il cammino verso il Pin unico
    Se il bacino potenziale è molto più vasto, perché ci sia una totale conversione al Pin unico devono realizzarsi almeno due fattori. Il primo è il passaggio a Spid da parte di quanti finora utilizzano credenziali ad hoc: per esempio, l’accesso ai servizi dell’Inps o del Fisco è possibile anche attraverso le chiavi rilasciate a suo tempo da ciascun ente. L’abbandono di quegli strumenti avverrà nel momento in cui sempre più i cittadini realizzeranno che basta un solo Pin per dialogare con tutta la Pa.

    Il nodo delle amministrazioni
    E qui sta il secondo punto del problema: le pubbliche amministrazioni devono aprirsi di più a Spid. Al momento sono oltre 4mila quelle che consentono l’accesso ai servizi attraverso l’identità digitale. Secondo gli esperti, però, la questione dovrebbe riguardare 23mila Pa. In questo senso ha, per ora, funzionato poco l’obbligo previsto dalle ultime modifiche al Codice dell’amministrazione digitale (Cad), che impone alle pubbliche amministrazioni di sintonizzare i loro servizi online su Spid. In altre parole, il Cad chiede che il cittadino sia messo nelle condizioni di utilizzare l’identità digitale.

    Ci sono, però, alcune novità in arrivo che potrebbero smuovere le acque. Intanto, sta prendendo forma lo Spid di terzo livello, ovvero un’identità digitale “forte” che consente di utilizzare da remoto i servizi più delicati (per esempio, la sottoscrizione di un contratto con una Pa). Aruba, che è uno degli otto identity provider (gli enti a cui si può richiedere Spid), già propone un’identità digitale di terzo livello e Poste si sta attrezzando.

    L’utilizzo tra privati e clienti
    Anche i privati si fanno avanti, con l’obiettivo di usare Spid nei rapporti con i clienti. E qui si aprono altri scenari. Per esempio, il mondo bancario vorrebbe diventare identity provider attraverso il consorzio Cbi (Customer to business interaction). Il progetto, tuttavia, finora è stato frenato dalla normativa che non consente a un consorzio di diventare gestore delle identità digitali. Problema che, però, si sta risolvendo con la creazione di una società di capitali ad hoc.

    Infine, si stanno compiendo gli ultimi passi per lo Spid europeo: grazie agli standard Ue dettati dal regolamento Eidas del 2014, si va verso l’interoperabilità delle identità digitali di ciascun Paese Ue.

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