La tutela dei risparmiatori, grazie alla Mifid2, sta facendo notevoli passi avanti. Negli anni scorsi tanti paletti a loro difesa si sono levati proprio grazie alla giurisprudenza che si è sviluppata dopo i crack avvenuti a partire dagli anni novanta. In particolare uno di questi, quello argentino è stato molto significativo, perché fino alla dichiarazione dello stato di insolvenza 2001, si pensava che rispetto ai titoli emessi da soggetti privati, quelli garantiti da uno Stato fossero assolutamente sicuri. Almeno questo è quello che passava ai risparmiatori, visto che come spiega l’avvocato modenese Letizia Vescovini, riferendosi ai prestiti obbligazioniari emessi negli anni 90 dallo stato argentino: «Nelle “Offering Circular” tali obbligazioni venivano descritte come “adatte solo a investitori speculativi e in condizione di valutare e sostenere rischi speciali”; inoltre, erano ampiamente illustrati i rischi e ricordato il precedente dissesto finanziario che aveva coinvolto lo stato argentino per oltre dieci anni. Tali documenti non vennero quasi mai consegnati dalle banche ai clienti e nemmeno vennero veicolate le informazioni che, con ogni probabilità, avrebbero dissuaso dall’investimento». Inoltre, occorre ricordare che oltre alla garanzia dello stato sovrano, le obbligazioni argentine avevano «rendimenti appetibili, in quanto ben superiori ai buoni del tesoro italiani di quel periodo».
Una gran parte del contenzioso ha riguardato il momento a partire dal quale gli intermediari non potevano più ignorare la pericolosità dell’investimento. «Di recente la Corte d’Appello di Bologna (sentenza n.628 del 6 marzo 2018), confermando il proprio orientamento - spiega Vescovini - ha sottolineato come, a partire da 1999, ovvero dall’anno di assegnazione dei rating ai bond argentini, e conseguente il loro collocamento tra i titoli “speculative grade”, la rischiosità di dette obbligazioni non poteva più essere ignorata da parte degli intermediari. Inoltre, buona parte delle obbligazioni riversate sul mercato italiano vennero collocate sul mercato secondario e, risultando inizialmente destinate solo ad investitori istituzionali, erano prive di prospetto informativo».
A seguito della perdita di valore dei titoli, cominciarono le cause per ottenere risarcimenti. Le questioni contestate riguardavano alcuni elementi centrali, anche oggi appunto per invocare la tutela da parte dei risparmiatori. Le “censure” riguardavano: la mancanza del contratto quadro di negoziazione titoli; la mancanza dell’ordine di acquisto delle obbligazioni; l’omessa informazione sulle caratteristiche del titolo ed in particolare sull’elevato grado rischio; il conflitto di interessi. In merito a quest’ultimo punto, ricorda Vescovini: «Numerose banche che avevano le obbligazioni argentina in portafoglio, di fronte all’aggravamento dello stato di dissesto dello Stato argentino, aveva rivenduto alla propria ignara clientela il titolo, scaricando su di essa l’intero rischio; violazione di quanto prescritto nelle Offering Circulars” in cui le obbligazioni venivano descritte come “adatte solo a investitori speculativi e in condizione di valutare e sostenere rischi speciali».
La giurisprudenza che ha fatto seguito alla vicenda argentina, rappresenta quindi il caposaldo per le tutele che nelle aule di tribunale, prima ancora che intervenisse la Ue, si sono viste riconosciute. In materia di obblighi informativi per gli intermediari sono stati molti i punti fissi acqusiti. Come spiega ancora l’esperta: «Gli intermediari devono segnalare all’investitore la non adeguatezza delle operazioni di acquisto di prodotti finanziari che si accinge a compiere (c.d. suitability rule) in modo che, a parità di rendimento, possa scegliere l’investimento meno rischioso e, a parità di rischio, quello più redditizio, se non si asterrà perfino dal compiere l’operazione, laddove l’alea dovesse superare la propensione al rischio».
La Cassazione (sentenze 17340/2008 e 22147/2010) ha affermato che in tema di servizi di investimento, la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l’obbligo di fornire all’investitore «un’informazione adeguata in concreto», l’informazione cioè deve essere mirata alle specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente, e, a fronte di un’operazione non adeguata, può darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute. Oggi, grazie a Mifid2, i prodotti finanziari vanno pensati fin dall’inizio rispetto a una platea di destinatari appropriati e alcune categorie di questi ultime vanno escluse del tutto se i prodotti non sono adeguati.
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