L’inedito accordo che Poste e Intesa Sanpaolo stanno realizzando sulla distribuzione dei propri prodotti (mutui, fondi comuni, Prestiti contro bollettini postali o ricariche PostePay) difficilmente si estenderà nel Vita dove i due gruppi hanno conquistato le prime posizioni e sono i principali competitor, con quote di mercato da capogiro, forti entrambi della potenza di fuoco degli sportelli: i canali bancario e postale rappresentano da tempo ormai quasi l’80%. Anche se non sono da escludere colpi di scena (magari su asset da gestire).
Poste risulta, forse anche per mission, uno dei principali sostenitori dei titoli di debito pubblico. Se si guarda la composizione della principale gestione separata Poste Valore Più, BTp e CcT posseduti sono pari a quasi 59 miliardi di euro (pari al 56% del saldo attività). Ammonta invece solo a 10 milioni di euro l’investimento diretto in azioni, mentre è già stata avviata la diversificazione sui fondi comuni, arrivati a pesare per il 21% sulla gestione separata con 22 miliardi di euro di attività. I fondi risultano la seconda asset per importanza dopo i titoli governativi e sono in parte gestiti da Anima, la Sgr partecipata da Poste, con la quale nel marzo dello scorso anno il gruppo è giunto a un accordo che prevede tra l’altro proprio la gestione di una parte degli attivi ramo I. Finora Poste è stata una delle poche compagnie che continua a consentire investimenti in ramo I di tipo puro. «Grazie alle caratteristiche dei nostri prodotti in tema di struttura delle garanzie, del rendimento medio garantito basso e del livello di plusvalenze presenti negli attivi a copertura delle riserve, l’assorbimento di capitale non è elevato comparativamente ad altri portafogli – spiegano a Poste Vita –. Certo è che guardiamo con interesse a prodotti con rischio anche parzialmente a carico dei contraenti con la finalità di offrire ai nostri clienti rendimenti potenzialmente più interessanti e per l’impresa un minore consumo di capitale» .
Anche il gruppo Poste si sta infatti avviando verso una diversificazione della propria proposta su investimenti in polizze ibride e unit, come dichiarato del resto anche nel piano industriale.
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