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Alla scatola nera manca la privacy sui servizi extra

sconti e incidenti

Alla scatola nera manca la privacy sui servizi extra

Tempi ancora lunghi per gli sconti sulla Rc auto “obbligatori” a chi accetta di montare la scatola nera: a 14 mesi dalla legge concorrenza (la 124/2017) che li ha introdotti, mancano i provvedimenti attuativi, rallentati da varie criticità (si veda «Il Sole 24 Ore» dell’11 settembre). E, soprattutto, restano dubbi su come le compagnie assicurative entrano nella privacy dei clienti.

Il Garante aveva sollevato il problema a luglio 2015. «Il Sole 24 Ore» lo ha rilanciato il 10 gennaio di quest’anno, alla luce della legge concorrenza: il comma 20 stabilisce che il trattamento dei dati deve rispettare tutte le norme sulla privacy, che non si possono «raccogliere dati ulteriori rispetto a quelli destinati» a determinare le responsabilità dei sinistri e ai fini tariffari» e che non si possono «rilevare la posizione e le condizioni del veicolo in maniera continuativa o comunque sproporzionata» agli scopi. Ma lascia una deroga quando c’è «consenso espresso dell’assicurato in relazione alla disponibilità di ulteriori servizi connessi con la mobilità del veicolo».

Fin dove può spingersi questa deroga? Quanto sarà equo lo scambio tra i dati del cliente e i benefici che la compagnia (alla quale i dati servono per aumentare i ricavi) gli garantirà?

Anche di ciò dovrebbe occuparsi il regolamento che disciplinerà «modalità di raccolta, gestione e utilizzo... dei dati raccolti» e l’interoperabilità quando l’assicurato cambia compagnia. Una norma prevista già dal Dl 1/2012 e “rilanciata” dalla legge concorrenza. Ma non arriverà presto.

Innanzitutto, ci sarà da attendere che i ministeri delle Infrastrutture e dello Sviluppo economico emanino i due Dm che fisseranno i requisiti tecnici delle scatole nere. Dopodiché entrerà nel vivo il confronto tra Ivass, Mise e Garante al tavolo previsto da gennaio 2012, costituito a settembre 2017 e di fatto mai partito davvero.

In questo tavolo il Garante dovrebbe dare seguito alla sua segnalazione del 2015 in Parlamento quando parlò di «esigenza di definire ulteriori presìdi per il diritto alla protezione dei dati degli utenti, individuando le tipologie di dati personali trattati rispetto alla finalità perseguita».

Teoricamente, potrebbe intervenire anche l’Antitrust: la legge concorrenza consente utilizzi dei dati solo per ricostruire le dinamiche degli incidenti o per fini tariffari ed eventuali eccessi potrebbero essere esaminati. Ma solo se valutati come imposti (pratica aggressiva) o nascosti (pratica ingannevole). Ciò non sarà facile: l’Antitrust lo ha fatto nel caso di WhatsApp e Facebook, dove però c’erano servizi web gratis (o apparentemente tali, se si vede la cessione dei dati del cliente come corrispettivo del servizio). Con le scatole nere ci sono invece servizi forniti a pagamento, in cui l’aspetto dei dati può essere ritenuto accessorio, come la ricerca di una destinazione. Così l’Antitrust dovrebbe pensare a un modo per affermare la propria competenza, cosa che probabilmente richiede una volontà “politica”.

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