La questione del riscatto del corso di studi universitario diventa più intricata nel momento in cui l’assicurato sia iscritto in due o più gestioni previdenziali. Una situazione che oggi è sempre più diffusa e che riguarda, ad esempio, coloro che hanno lavorato come dipendenti, come lavoratori autonomi e hanno anche versato contributi nella Gestione separata come collaboratori o liberi professionisti senza cassa.
Variabili in gioco
A tal proposito, ci sono diversi aspetti da valutare. Al di là della gestione che consentirebbe di pagare somme meno onerose, in generale sarebbe conveniente riscattare la laurea lì dove si hanno più contributi, al fine di raggiungere (in modo autonomo) il diritto alla pensione. Ad esempio, se un soggetto ha 15 anni di contributi come dipendente, quattro da commerciante e due nella Gestione separata, converrebbe riscattare la laurea nei “dipendenti” per arrivare all’anzianità contributiva dei 20 anni necessaria per il diritto alla pensione di vecchiaia.
Altro elemento da valutare è se i periodi riscattati consentano di raggiungere i 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, per avere il calcolo dell’assegno pensionistico con il sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011.
Calcolo degli oneri
L’onere del riscatto relativo a periodi per i quali si applica il sistema retributivo viene calcolato secondo i criteri dell’articolo 13 della legge 1338/1962 (riserva matematica). È determinato sulla differenza tra l’importo della pensione che spetterebbe in base ai contributi complessivamente accreditati – compresi quelli oggetti di riscatto – e l’importo della pensione individuato in base alla contribuzione effettivamente accreditata nel fondo in cui si chiede il riscatto. L’onere varia in relazione all’età e al sesso del lavoratore, alla retribuzione percepita all’atto della domanda, al numero delle settimane riscattate e all’anzianità contributiva maturata con i contributi versati regolarmente.
Circa i periodi da valutare con il sistema contributivo, l’onere viene invece calcolato applicando alla retribuzione assoggettata a contribuzione nei dodici mesi precedenti la domanda, rapportata al periodo di riscatto, l’aliquota contributiva di finanziamento vigente (sempre al momento della richiesta) nel regime pensionistico in cui avviene il riscatto. Ad esempio, se la domanda di un dipendente è presentata nel 2018 e la retribuzione dei dodici mesi precedenti è pari a 20mila euro, la somma da pagare sarà di 6.600 euro annui (cioè 20mila moltilpicati per l’aliquota di computo dei dipendenti, 33%).
Valutazione del periodo
Per stabilire se l’importo della pensione debba essere determinato con il calcolo retributivo o contributivo, si deve tener conto della collocazione temporale dei periodi considerati (compresi quelli oggetto di riscatto).
I contributi versati con il riscatto della laurea porteranno all’applicazione del sistema retributivo o misto, a seconda che siano in grado di far raggiungere 18 anni di contributi o meno al 31 dicembre 1995. Con meno di 18 anni di contributi a fine 1995, si avrà il calcolo della pensione misto: retributivo fino al 1995 e contributivo dal 1996 in poi. Con 18 anni di contributi a fine 1995, si avrà il calcolo della pensione con il sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011. Per i contributi versati dal 2012 in poi, invece, il calcolo è contributivo per tutti.
Cumulo e totalizzazione
Nel caso in cui anche con i contributi riscattati non si riesca a raggiungere il diritto a un’autonoma pensione in una determinata gestione (o anche se lo si raggiunge, ma prima di diventare pensionato), l’assicurato ha la possibilità di riunire i contributi non coincidenti, al fine di chiedere la liquidazione di un’assegno che tenga conto di tutti i versamenti eseguiti.
La soluzione è quella del cumulo dei contributi, che consente di sfruttare per intero il propio patrimionio, sommando (gratuitamente) le diverse contribuzioni, e che è stato esteso anche agli iscritti alle Casse dei liberi professionisti: in questo caso, per accedere alla pensione (sia di vecchiaia che anticipata), si applicheranno i requisiti di accesso generali, tranne che vi siano regole particolari delle Casse.
Un’altra strada (gratuita) è rappresentata dalla totalizzazione, che permette di sommare i periodi assicurativi, così da acquisire il diritto a un’unica pensione. In tale ipotesi, la pensione di vecchiaia è prevista con 20 anni di contributi e 66 anni e sette mesi di età; quella di anzianità con 40 anni e sette mesi di contributi. Ma occorre applicare anche la finestra mobile di 18 mesi per la vecchiaia e 21 mesi per l’anzianità.
© Riproduzione riservata