Può un’azienda con alle spalle oltre 350 anni di storia tenersi al passo con i tempi e, addirittura, precorrerli? A questa domanda i fratelli Barberis Canonico, che guidano il gruppo nato dall’evoluzione dello storico lanificio di famiglia, fondato nel 1663, ha risposto sì, senza molti dubbi. E con questo spirito hanno aderito a due progetti che verranno presentati tra Pitti e Milano moda uomo: il primo è una capsule realizzata con la maison sartoriale fiorentina Liverano&Liverano con i tessuti della collezione “Earth, wind & fire” di Vitale Barberis Canonico; il secondo sono i cappelli in limited edition creati con il Cappellificio biellese. La “Earth, wind &fire” è una delle linee di tessuti più all’avanguardia prodotte dall’azienda di Biella - che ha chiuso il 2017 con ricavi per 163 milioni di euro, in salita del 7,2% rispetto ai 152 milioni del 2016 -, frutto di una ricerca approfondita sulla sinergia tra tecnologia e creatività: «È una famiglia di tessuti con importanti valenze tecniche - racconta Francesco Barberis Canonico, direttore creativo -.
Sono traspiranti e wind proof, e quindi funzionali, ma anche eleganti e adatti al look di un genteleman contemporaneo. Il cliente tipo di Vitale Barberis Canonico è un uomo globetrotter «che viaggia con un piccolo trolley spessp portandosi dietro un solo abito e, quindi, ha bisogno un tessuto che sia antipiega e, magari antipioggia. Il nostro compito è proprio quello di interpretare un prodotto storico in chiave sempre più contemporanea». L’obiettivo è quello di intercettare i gusti della fascia di consumatori under 40: «Stiamo “studiando” i Millennials cinesi, una fetta di mercato che nel futuro aumenterà ancora di più la propria rilevanza. La nostra strategia per conquistarli? Autenticità del messaggio, qualità made in Italy e buon rapporto qualità prezzo», chiosa il direttore creativo.
Il business del gruppo - che ha sede a Pratrivero, in provincia di Biella, ma ha uno showroom e una Fabric Academy a Milano - si concentra prevalentemente all’estero con circa l’85% dei ricavi realizzati oltre confine. E anche la quota assorbita dall’Italia, poi, viaggia in tutto il mondo sotto forma di abiti confezionati. Tra i mercati migliori in termini di performance ci sono «Il Far East, e quindi la Cina, ma anche il Giappone, dove il carattere hi-tech dei tessuti, per esempio è molto apprezzato. E poi gli Usa», spiega Barberis Canonico. Che prova a guardare avanti, ma senza sbilanciarsi: «La chiusura 2018? Le premesse sono buone, anche se quest’anno il clima ha dato non pochi problemi all’industria del tessile-moda, con un inverno arrivato molto tardi».
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