Le modifiche introdotte dalla legge di Bilancio 2019 al nuovo soggetto forfettario, imprenditore o professionista, sono decisamente significative e il tema, correlato con l’esonero dalla fatturazione elettronica attiva, per chi potrà applicare le regole della legge 190/14, sta monopolizzando l’attenzione degli operatori.
In premessa va segnalato che le rilevanti modifiche normative dovrebbero portare a concludere che per il 2019 vengono meno i vincoli triennali derivanti da precedenti opzioni per il regime semplificato o per quello ordinario.
Tali vincoli, secondo alcuni, sono venuti meno nel caso del regime semplificato, in forza della risoluzione 64/E/2018. Ma anche a prescindere da tale spunto di prassi (per dire il vero non univocamente interpretabile), non dovrebbero esserci problemi ad applicare quanto viene disposto dall’articolo 1 del Dpr 442/97, secondo periodo (come del resto è avvenuto nel recente passato: si vedano le circolari 10/E/2016 e 11/E/2017).
L’accesso al nuovo regime
Per accedere al nuovo regime forfettario occorre verificare sei requisiti: il primo è inserito nell’articolo 1, comma 54, della legge 190/14 (dove inizialmente i limiti erano tre); e altri cinque nel comma 57 della stessa legge.
Innanzitutto, nel comma 54 è rimasto un solo requisito: aver conseguito nell’esercizio precedente ricavi o compensi non superiori a 65mila euro. Pertanto, i diversi livelli di ricavi o compensi specifici per le attività economiche esercitate sono venuti meno, sostituiti da un unico tetto valido per tutti i contribuenti persone fisiche.
Per verificare la presenza di tale requisito è necessario considerare i ricavi o i compensi incassati/conseguiti nel 2018. Nel senso che, a seconda del regime contabile applicato l’anno scorso, si avranno diversi criteri di computo: cassa “stretto” per i professionisti; “cassa con deroghe” per i semplificati; “competenza” per gli imprenditori in contabilità ordinaria.
Se questo requisito si è verificato, gli altri due originariamente inseriti nel comma 54 non vanno più considerati perché sono stati abrogati: cioè il rispetto del limite di 20mila euro quale ammontare massimo di detenzione di beni strumentali e 5mila euro quale ammontare massimo di erogazione a personale dipendente e/o assimilato.
La prassi già adottata dall’agenzia delle Entrate (circolare 10/E/16) permette di ritenere che, qualora nel 2018 siano stati superati i vecchi limiti ma non quelli nuovi, sia comunque possibile mantenere nel 2019 il regime forfettario: potrebbe essere il caso del commerciante al dettaglio che nel 2018 ha incassato 55mila euro, superiori al vecchio tetto (50mila) ma non a quello nuovo (65mila); oppure il caso di chi ha superato il limite di 20mila euro di possesso di beni strumentali.
Gli altri requisiti
Per quanto riguarda gli altri cinque requisiti già presenti nel comma 57 della legge 190/14, vengono confermati i primi tre (non applicare regimi speciali Iva, non essere cittadino non residente, non avere quale attività principale la cessione di fabbricati o autoveicoli nuovi). Mentre risultano modificati gli ultimi due (rispettivamente alle lettere d e d-bis).
Circa il primo (lettera d, comma 57), rimane inibente la partecipazione a società di persone o associazioni professionali di cui all’articolo 5 del Tuir; ma a queste ipotesi si aggiunge la partecipazione a imprese familiari, precedentemente non prevista quale ostacolo al regime forfettario.
Inoltre diventa un ostacolo per l’accesso al forfait la detenzione di una partecipazione di controllo (anche indiretto) in una Srl (o associazione in partecipazione), che svolga attività riconducibile a quella svolta dallo stesso imprenditore o professionista.
Il perimetro del «controllo»
Quest’ultimo aspetto dovrà essere chiarito dall’agenzia delle Entrate per definire il perimetro del controllo indiretto (oltre alle partecipazioni in società controllanti la Srl de quo, anche il controllo esercitato tramite familiare ?) e per chiarire la reale portata della locuzione «attività riconducibili a quella svolta dal forfettario», poiché il presupposto si presenta con margini di opinabilità molto elevati.
Resta fermo, per quanto indicato nel nuovo testo normativo, che la detenzione di una partecipazione al 50% non risulta elemento inibente poiché non viene integrato il requisito del controllo.
Il rapporto con l’ex datore
Infine la lettera d-bis), comma 57, è sensibilmente modificata. Prima risultava infatti d’ostacolo al forfettario la detenzione (nell’anno precedente a quello di accesso al regime) di un reddito da lavoro dipendente o assimilato superiore a 30mila euro. Mentre dal 2019 questa ipotesi scompare, sostituita da un nuovo presupposto: non esercitare la propria attività prevalentemente nei confronti di colui che è stato nel biennio precedente o è attualmente il datore di lavoro.
L’inibizione vale anche per attività esercitata verso soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro. Ma anche questo presupposto si presta a un ventaglio di ipotesi piuttosto ampio, per cui dovranno essere chiarite le modalità applicative: specialmente nel settore dei medici che svolgono la propria attività sia come dipendenti, sia come liberi professionisti.
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