Negli ultimi anni l’installazione in prossimità dei punti di accesso all’abitazione di videocamere di sorveglianza ha registrato un boom, in parte favorito dai bonus fiscali (detrazione Irpef del 50%, da ripartire in 10 quote annuali di pari importo) messi a disposizione dal governo. Per proteggersi dai malintenzionati, proprietari di villette unifamiliari e anche i condòmini, decidono di investire su dispositivi sempre più sofisticati e dal prezzo oramai accessibile.
La videosorveglianza è un ottimo deterrente contro i ladri, ma già a partire dagli anni Novanta ci si è posti il problema di quanto tale sistema intralci le norme sulla privacy: se da un lato non si può vietare al proprietario dell’immobile di proteggere il proprio bene, dall’altro è opportuno assicurare il diritto alla riservatezza delle persone.
Non tutti hanno voglia di farsi inquadrare (con tanto di registrazione) e per questo nel corso degli anni il legislatore ha posto dei limiti all’utilizzo delle videocamere.
La normativa
Fino all’entrata in vigore della legge diriforma del condominio (220/2012), nel Codice civile non vi era alcun riferimento alla videosorveglianza. Salvo la giurisprudenza, il concetto di videosorveglianza è stato introdotto dall’articolo 1122 ter del Codice civile, in tema di “Impianti di videosorveglianza sulle parti comuni”, secondo cui «le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136». Vale a dire, il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea, che rappresenti almeno la metà dei millesimi di proprietà dell’edificio.
L’installazione dell’impianto di videosorveglianza è quindi configurata come un’innovazione agevolata ed è quindi prevista una maggioranza inferiore rispetto a quella necessaria per approvare le innovazioni. Per quanto concerne le spese, sia di installazione che di manutenzione, a meno di pattuizioni differenti, esse vanno suddivise in base alla tabella millesimale di proprietà.
In presenza di un condominio parziale e quindi nel caso in cui l’impianto serva soltanto un gruppo ristretto di condòmini, le spese di conservazione ed esercizio andranno ripartite soltanto fra i condòmini che si servono dell’innovazione.
Vademecum del Garante
Il Codice civile si limita quindi a fissare il quorum necessario per approvare l’intervento, ma per le disposizioni regolamentari sull’utilizzo delle videocamere occorre fare riferimento al vademecum “Il condominio e la privacy” redatto dal Garante della privacy pochi mesi dopo l’entrata in vigore della legge di riforma del condominio. Il vademecum è suddiviso in 8 capitoli e uno di questi è dedicato alla videosorveglianza.
Le regole fissate dal Garante cambiano in modo sostanziale a seconda che le videocamere siano installate per fini personali (ad esempio, dal proprietario di una villetta indipendente) oppure in ambito condominiale, a protezione delle parti comuni dell’edificio.
L’installazione
Il proprietario di un’abitazione indipendente che decide di installare un sistema di videosorveglianza per fini personali, senza diffondere o comunicare a terzi le immagini registrate, non è tenuto a osservare le norme contenute nel Codice della privacy (Dlgs 196/2003) e non ha neppure l’obbligo di segnalare con appositi cartelli la presenza delle videocamere. Ad ogni modo, l’angolo di visuale dell’obiettivo della telecamera deve limitarsi esclusivamente a inquadrare l’area da proteggere, evitando di riprendere una strada, un marciapiedi e qualsiasi altro spazio pubblico.
Più complicato installare una videocamera a protezione delle parti comuni condominiali. Una volta approvata la delibera e installato il sistema, l’amministratore ha l’obbligo di segnalare la presenza delle videocamere collocando cartelli ben visibili e riconoscibili nei luoghi ripresi o nelle immediate vicinanze. Le immagini registrate possono essere conservate per un tempo massimo di 48 ore, poi devono essere cancellate.
In più occasioni il Garante ha avuto modo di osservare che l’installazione delle videocamere in condominio è lecita solo se rispetti il cosiddetto «principio di proporzionalità», ossia se l’utilizzo delle telecamere rappresenti l’unica soluzione possibile rispetto ad altri sistemi meno “invasivi” quali allarmi, cancelli automatici, e altri.
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