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Dossier L’apostrofo di Achille

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    Dossier | N. 68 articoli Graffi e stroncature: l’archivio di Vivissime condoglianze

    L’apostrofo di Achille

    Ogni epoca ha i ribelli che si merita. Chissà cosa abbiamo fatto di male noi per meritarci Achille Lauro, al secolo Lauro De Marinis, ruspante star romana della trap che - per chi non fosse pratico - è una variante dadaista e disimpegnata del rap, tutta eccessi, sessismo e ostentazione della ricchezza. Roba esplosa negli Usa 20 anni fa che in Italia scopriamo adesso, perché restiamo il popolo che negli anni Sessanta traduceva i complessi beat inglesi col fuso orario di un paio di anni. Achille Lauro, dicevamo: passi per lo pseudonimo reazionario. Passi per il fatto che si è presentato all’ultimo Sanremo con Rolls Royce, brano che secondo qualcuno era un’esaltazione dell’ecstasy. Passi pure per il fatto che quella stessa canzone aveva riff, giro armonico e sound che richiamavano troppo fedelmente 1979, hit degli Smashing Pumpkins datata 1995. La cosa curiosa è il fatto che abbia intitolato il nuovo album 1969, quasi come la canzone per la quale si era beccato l’accusa di plagio. La cosa che non ci va giù è il fatto che abbia lanciato il disco con un video condiviso su YouTube che celebra tutti gli eventi clou del 1969, dal concerto dei Beatles sul tetto di Savile Row all’allunaggio, passando per Woodstock. C’è pure il matrimonio tra John Lennon e Yoko Ono ma la data è clamorosamente sbagliata: i due si sposarono il 20 marzo, non il 20 maggio ’69. La cifra dell’artista ribelle la cogli però quando Achille Lauro decide di scrivere «personalmente» il comunicato stampa inviato ai giornalisti: «Sanremo - vi si legge - è stata un esperienza (sic) incredibile». Un ribelle in lotta contro la storia e la grammatica.

    (Modesto Michelangelo Scrofeo)

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