La somministrazione di lavoro è il contratto che meglio di tutti rappresenta il concetto di “flexicurity”: garantisce un alto livello di flessibilità alle imprese che lo utilizzano ma, allo stesso tempo, offre ai lavoratori le stesse tutele applicabili a quelli assunti con contratti ordinari. L’operazione si struttura sulla base di due contratti diversi tra loro: il contratto commerciale di somministrazione, stipulato tra agenzia per il lavoro e impresa utilizzatrice, e il contratto di lavoro subordinato a scopo di somministrazione, stipulato tra agenzia per il lavoro e lavoratore.
Sulla base del contratto commerciale di somministrazione, un’impresa chiede all’agenzia per il lavoro di «inviare in missione» uno o più lavoratori, per un periodo predefinito oppure senza una scadenza predeterminata (cosiddetto staff leasing). L’operazione è molto delicata e, come tale, può essere realizzata solo da imprese che hanno una specifica autorizzazione ministeriale, rilasciata dopo attente verifiche e condizionata alla presentazione di stringenti garanzie economiche e finanziarie.
Una volta firmato il contratto di somministrazione, l’agenzia per il lavoro assume (a tempo determinato oppure a tempo indeterminato) la persona che dovrà svolgere l’attività lavorativa e la manda «in missione» presso l’utilizzatore, che ha il diritto di organizzare la prestazione.
Stipendio e contributi
Lo stipendio e i contributi sono pagati dall’agenzia per il lavoro, che ne chiede il rimborso all’utilizzatore, aggiungendo il corrispettivo per il servizio reso. Questo corrispettivo non
può andare a detrimento del trattamento economico del somministrato: il lavoratore, infatti, ha un diritto ampio e incondizionato
alla parità di trattamento con gli altri lavoratori, che gli garantisce l’applicazione di tutte le regole e di tutti i trattamenti
previsti per la generalità degli altri lavoratori impiegati nella stessa azienda.
Questa parità di trattamento – stabilita dalla legge (Dlgs 81/2015) e dalle direttive comunitarie (104/2008) – è stata arricchita dalla contrattazione collettiva di settore, che ha previsto delle tutele aggiuntive in favore dei lavoratori somministrati, creando un sistema di welfare contrattuale che è un modello per l’intero mercato del lavoro.
Diritto alla formazione
Inoltre, ai lavoratori somministrati è riconosciuto un «diritto alla formazione» molto intenso, che si attua mediante un fondo (alimentato da un contributo pagato dalle imprese) che finanzia iniziative formative ad hoc.
Il contratto collettivo di settore disciplina anche il momento in cui cessa la missione presso l’utilizzatore. Se il contratto di somministrazione e quello di lavoro avevano la stessa durata, il rapporto cessa automaticamente alla scadenza.
Se invece il contratto di lavoro è a tempo indeterminato, il dipendente ha diritto di essere inserito dentro un percorso di ricollocazione, finalizzato a tentare di trovare una nuova occasione di lavoro. Solo se questo percorso – della durata minima di 6 mesi – fallisce, il lavoratore può essere licenziato.
Nei mesi passati, c’è stata una campagna politica e mediatica volta a colpire la somministrazione, additata di colpe non proprie e addirittura equiparata a forme di caporalato. L’esperienza concreta di chiunque conosce il mercato del lavoro dimostra l’opposto: la somministrazione è un baluardo importante contro il lavoro irregolare e precario e, come tale, dovrebbe essere promossa come la principale forma di flessibilità delle imprese.
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