Lasciate stare i santi. È cosa buona e giusta rendere loro onore, ma toccherebbe essere un minimo all’altezza della situazione. Sony Music, per esempio, il 26 aprile omaggia Fabrizio De André con un album-tributo nel quale i protagonisti del cantautorato indie reinterpretano il suo corpus. C’è dentro un po’ di tutto nel progetto coordinato da Massimo Bonelli, da Colapesce agli Zen Circus. Come lo chiamano il disco? «Faber Nostrum», un titolo in latino maccheronico per il più colto autore della storia della canzone italiana. «Faber», infatti, è nominativo di un sostantivo singolare maschile, significa «fabbro» e, oltre a essere il nomignolo con cui De André veniva e viene chiamato da amici e appassionati, rende bene l’idea di come Fabrizio lavorasse. L’aggettivo possessivo «nostrum» è invece declinato al nominativo singolare neutro, non concorda cioè con il sostantivo di riferimento. Una «cappellata» che neanche un alunno di quarta ginnasio commetterebbe. Certo, qualcuno dirà: chi ha scelto quel titolo puntava a riprodurre la suggestione dell’espressione «Mare Nostrum», come i romani chiamavano il Mediterraneo, De André è di Genova, una città di mare e bla bla bla. Peccato che «Mare Nostrum» nel Ventennio fu addirittura slogan mussoliniano, quanto di meno avvicinabile all’anarchismo di De André. Si poteva fare peggio? Ci ha pensato Motta: nella sua cover toscaneggiante della sublime «Verranno a chiederti del nostro amore», il verso «setacciare spiagge con la scusa del corallo» diventa «setacciare spiagge con l’accusa del corallo». La parola alla difesa.
(Modesto Michelangelo Scrofeo)
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