Nella banca del futuro i nuovi professionisti saranno anche designer. Perché di fatto lavoreranno nel costruire e aggiornare le interfacce, le piattaforme, le applicazioni. Profili necessariamente ibridi, orientati però all’usabilità delle tecnologie immersive e delle intelligenze artificiali, traduttori della complessità dettata dagli algoritmi, in grado di migliorare costantemente la “user experience”, ovvero l’esperienza di navigazione di utenti connessi e maggiormente alfabetizzati al digitale.
D’altronde se la banca del futuro sarà invisibile, come hanno profetizzato in un recente rapporto gli analisti di Kpmg, l’operatore dovrà ancora essere visibile, con un ruolo dinamico di ascolto dei bisogni del consumatore, analisi dei servizi erogati, monitoraggio delle performance. Perché in fondo la disintermediazione costringe a ripensare la relazione, rendendo accessibili anche in tempo reale servizi, prodotti, soluzioni. È quanto emerge dalla nuova fotografia scattata da Ambrosetti nel rapporto sulle banche del futuro, realizzato col sostegno dell’agenzia per il lavoro Openjobmetis.
L’analisi del numero di posizioni di lavoro che si sono aperte negli ultimi quattro anni per professioni legate all’intelligenza artificiale registra un aumento di 4,5 volte, mentre le opportunità del deep learning, l’apprendimento profondo del machine learning, è addirittura di 35 volte superiore. Tutto questo ha un impatto anche nel settore finanziario-assicurativo. Ma attenzione: la banca del futuro non potrà limitarsi a immettere servizi tecnologicamente avanzati. Piuttosto dovrà ripensare i propri processi, semplificandoli. Arrivando a disegnare nuove soluzioni tecnologiche per i clienti, abbattendo tempi e costi.
A caccia di nuovi talenti
Una banca che va oltre il concetto di banca. In fondo è già così per i consumatori del domani. Secondo una ricerca di Viacom nel mercato statunitense il 33% dei millennials è convinto che entro cinque anni non si rivolgerà più agli istituti di credito, mentre addirittura il 73% preferirà servizi finanziari proposti da aziende tecnologiche. Un percorso di trasformazione digitale da intraprendere rapidamente, considerando che oggi poco meno del 4% della popolazione bancaria è già hi-tech. Così la vera partita riguarda la conversione al digitale e il reclutamento di nuove leve. Ma il bicchiere è anche mezzo pieno: negli ultimi sei anni di crisi del sistema si sono contate oltre 20mila assunzioni di under 35, a fronte di 40mila uscite volontarie.
Nuovo capitale umano al servizio dei vecchi capitali, per un cliente con necessità specifiche. Così cresce l’incidenza delle professioni hi-tech: a certificarlo è sempre Ambrosetti, stavolta su dati 2019 del Cedefop, ovvero il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale. Da noi il peso di profili scientifici è limitato al 3,8% sull’occupazione totale rispetto a una media europea del 6,5%. Ma la stima di crescita è del 150% entro il 2026.
Un mercato in cambiamento, come dimostra Goldman Sachs: nell’area dell’equity trading dell’ufficio newyorkese la banca statunitense di investimenti negli ultimi anni è passata da 600 a due trader, affiancati tuttavia da ben 200 software engineer, con un incremento del 50% di figure che operano sulla traduzione dei big data. Un bacino di competenze che si intercettano prevalentemente tra gli under 35. Non a caso il 70% dei dipendenti di Goldman Sachs oggi è nel cluster dei millennials.
Professioni bancarie ibride
Competenze trasversali nel segno del design. Il colosso inglese Hsbc, primo istituto europeo per capitalizzazione con oltre 157 miliardi di euro, assumerà più di mille figure impegnate in sei nuove professioni emergenti. Tra i nuovi professionisti ci sarà il mixed reality experience designer, che avrà il compito di progettare piattaforme tridimensionali, veloci e intuitive, a fronte di competenze di design e meccanica 3D. Ci sarà poi il digital process engineer: si occuperà di diagnosticare problemi gestionali e criticità tecniche, anche sviluppando prototipi e testando possibili soluzioni. La chiave sarà sempre più legata alle interfacce conversazionali: a queste ci penserà il conversational interface designer, che seguirà le chatbot impegnate a rispondere in tempo reale ai clienti. Nella banca del futuro troverà posto anche il partnership gateway enabler, impegnato a negoziare le relazioni digitali con i partner bancari. Di fatto questa figura emergente dovrà gestire l’utilizzo dei dati e la condotta dei soggetti coinvolti, garantendo performance e rispetto della normativa. Ci sarà poi l’algorithm mechanic, ovvero il “meccanico degli algoritmi”: d’altronde una crescente quota dei processi decisionali avviene tramite algoritmi, alimentati da una molteplicità di dati. Questo professionista dovrà possedere competenze tecnologiche e di gestione per migliorare l’esperienza del cliente.
L’universal service advisor sarà invece il nuovo operatore dedicato al servizio clienti: sarà altamente specializzato e supporterà il cliente connesso su una ampia gamma di prodotti. Un tratto distintivo sarà la sua capacità di entrare in empatia, oltre l’utilizzo della macchina. Quindi dovrà avere soft skill spiccate. Perché la partita, anche in questi anni artificiali, si giocherà ancora sulla relazione umana.
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