La legge di riforma del condominio (220/2012) ha introdotto importanti novità che riguardano, in particolar modo, la figura dell’amministratore e le norme di gestione dell’edificio condominiale. L’articolo 71 ter delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, ad esempio, prevede che «su richiesta dell’assemblea, che delibera con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del Codice, l’amministratore è tenuto ad attivare un sito internet del condominio che consenta agli aventi diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla delibera assembleare. Le spese per l’attivazione e la gestione del sito internet sono poste a carico dei condòmini». Tale disposizione, in apparenza marginale rispetto ad altri elementi contenuti nella legge, segna in realtà un cambiamento epocale: l’amministratore è chiamato a stare al passo con i tempi. E anche se a distanza di sei anni dall’entrata in vigore della norma, i condomìni che si sono dotati di un proprio sito web sono ancora pochi, il numero è destinato a crescere.
Per il via libera alla realizzazione del sito è sufficiente un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (500 millesimi). Una volta raggiunto il quorum, l’amministratore – in assenza di una scelta specifica da parte dell’assemblea – si ritiene possa individuare la società che realizzerà e gestirà il sito, ma nulla toglie che uno o più condòmini possano avanzare in assemblea proposte alternative, magari economicamente più vantaggiose.
Privacy
A lungo si è discusso sulle regole d’accesso al sito e su quali documenti lo stesso possa contenere. Sul punto è intervenuto il Garante della privacy, secondo cui soltanto le persone che ne hanno diritto possono accedervi, attraverso un’autenticazione che preveda l’inserimento di username e password. Gli utenti accreditati possono consultare ed estrarre copia dei documenti condominiali, con l’amministratore che rende accessibili soltanto quelli adottati dall’apposita delibera assembleare, come i dati contabili e i verbali approvati. Lo stesso amministratore deve prestare particolare attenzione ai dati sensibili, ad esempio quelli che si riferiscono alle condizioni di salute di una persona o quelli giudiziari.
Pec e convocazione assemblea
Per quanto riguarda l’avviso di convocazione all’assemblea, l’articolo 66 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile stabilisce che la comunicazione deve essere inviata «almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione». Non è quindi valido l’invio mediante la “classica” posta elettronica, ma è necessario che sia il mittente (l’amministratore) che i destinatari (i condòmini) abbiano attivato un indirizzo Pec (posta elettronica certificata), attraverso cui inviare email che hanno lo stesso valore legale di una raccomandata postale con avviso di ricevimento.
Chat Whatsapp nel mirino
La diffusione capillare di Whatsapp ha coinvolto anche il condominio e difatti sono sempre più frequenti i casi di “gruppi” creati dai residenti con l’obiettivo, almeno nelle intenzioni, di scambiarsi informazioni utili e di interesse comune quali, ad esempio, il guasto all’impianto di riscaldamento, il blocco dell’ascensore, la perdita d’acqua dal lastrico solare o ancora questioni più generali legate alla sicurezza dello stabile. In realtà, come avviene spesso con i social network, capita che gli utenti “sconfinino” in giudizi lesivi nei confronti di altri condòmini o dell’amministratore, digitando sullo smartphone intimidazioni e insulti che, come ha chiarito a più riprese la giurisprudenza, possono equivalere a diffamazioni o minacce, reati penalmente perseguibili. A tal proposito, da ultimo, il Tribunale di Ravenna (sentenza 231/2017) ha equiparato i messaggi su Whatsapp alle prove documentali previste dall’articolo 2712 del Codice civile, significa che le chat possono essere utilizzate come elementi probatori durante il processo.
In altri casi, è lo stesso amministratore a creare e amministrare un gruppo Whatsapp per comunicare con gli altri condòmini. È opportuno, però, che il professionista ottenga prima il consenso dei partecipanti e gestisca con responsabilità i dati personali, soprattutto i più sensibili. La chat Whatsapp non potrà essere utilizzata per convocare l’assemblea, registrare una delega o, qualora un condomino non sia presente all’assemblea, inoltrare un voto.
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