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Dossier Con Asia, lusso e Millennial le lancette tornano bene-rifugio

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Dossier | N. 36 articoli Investire in orologi

Con Asia, lusso e Millennial le lancette tornano bene-rifugio

Il 2018 è stato per il settore degli orologi un buon anno, in particolare nel medio e alto di gamma e a maggior ragione considerando i deludenti tassi di crescita di altri comparti e delle economie europee (e non solo). Il 2019 è iniziato ancora meglio, sia per la vivacità delle due fiere di settore, Ginevra in gennaio e Basilea in marzo, sia per i dati sull’export svizzero di orologi, indicatore cruciale per la salute dell’orologeria: non a caso le due più importanti manifestazioni fieristiche si svolgono in Svizzera e attirano visitatori dai cinque continenti.

Non si tratta solo di constatare, una volta di più, la resilienza del mondo del lusso ai cicli economico-finanziari. C’è di più, quest’anno, per gli orologi: in primis, va sottolineato che aumenta il numero di persone, non solo appassionati o collezionisti, che vedono l’acquisto di un orologio di alta gamma come un investimento. Complici le delusioni di altri comparti o strumenti finanziari (basti pensare alle promesse non mantenute dalle criptovalute), il valore intrinseco di un orologio e la sua rivalutazione nel tempo sono confermati dall’andamento delle aste del 2018 e 2019 (si veda anche Il Sole-24 Ore Lifestyle del 14 aprile).

C’è poi un secondo fattore, legato all’era digitale nella quale viviamo. A questo proposito l’immagine più suggestiva l’ha regalata l’artista olandese Theo Jansen, al museo della Scienza di Milano fino al 19 maggio con la mostra delle sue sculture cinetiche Strandbeests, allestita con il supporto di Audemars Piguet, maison di alta orologeria molto legata all’arte (alla Biennale di Venezia in apertura in questi giorni affiancherà un altro artista, Ryoji Ikeda). «Sono affascinato dal lavoro dei maestri orologiai. Mi considero un artigiano dell’arte, loro sono artigiani del lusso – ha spiegato Jansen –. Grazie ai miei studi di fisica posso dare vita a sculture che si muovono senza alcun tipo di energia se non quella cinetica. Un po’ come gli orologi meccanici...». Questa idea di movimento naturale degli orologi meccanici, che non hanno bisogno di pile e sono fatti di materiali, spesso preziosi, per definizione destinati a durare, si adatta bene a questo periodo, in cui tutti parlano di sostenibilità e di riappropriarsi del proprio tempo, cercando di (auto)limitarsi nell’utilizzo di tecnologie.

Veniamo ai numeri: secondo il Worldwide Luxury Market Monitor di Bain &Company nel 2018 il segmento degli orologi di lusso è rimasto stabile a 37 miliardi di euro (260 miliardi il valore complessivo del mercato), ma per il 2019 si prevede, ha spiegato Claudia D’Arpizio, partner di Bain &Company, una maggior dinamicità dell’Asia e un aumento di vendite per i segnatempo che uniscono arte orologiera e gioielliera, sempre più amati dai Millennial, i nati dopo il 1980 che già oggi assorbono un terzo dei consumi di lusso. Una conferma dell’importanza dell’Asia è venuta il 17 aprile, con la pubblicazione dei dati sull’export svizzero di orologi di marzo e dell’intero primo trimestre (i prossimi, sul quarto mese dell’anno e sul periodo gennaio- aprile arriveranno il 28 maggio): nei primi tre mesi del 2019 le esportazioni sono cresciute del 2,9% a 5,1 miliardi di franchi (4,6 miliardi di euro). In marzo l’export è stato di 1,7 miliardi di franchi (1,5 miliardi di euro), il 4,4% in più rispetto allo stesso mese del 2018.

L’indicatore dato dalla Fedération de l’industrie horlogére suisse (www.fhs.swiss) è importante perché l’industria elvetica degli orologi rappresenta oltre la metà del fatturato del settore a livello mondiale ed esporta il 90-95% della produzione.

Un ultimo cenno meritano le fiere, il Sihh (Salon international de la haute horlogerie) e Baselworld: tradizionalmente distanziate di alcuni mesi e con format molto diversi (la prima assai selettiva e senza maison di gioielli, la seconda con migliaia di espositori di ogni segmento e con sempre più spazio alla gioielleria), nel 2020 si terranno una di seguito all’altra: Ginevra sarà dal 26 al 29 aprile, la fiera di Basilea dal 30 aprile al 5 maggio e i calendari saranno sincronizzati (almeno) fino al 2024. Come dire: la resilienza del settore e la capacità di innovarsi facendo leva sulle tradizioni aiutano. Ma nell’era della globalizzazione non è più tempo di rivalità sterili, come quella tra due fiere. Il tempo è la risorsa più preziosa: chi può capirlo meglio di un settore che al passare del tempo e alla necessità di misurarlo deve la sua ragione d’essere?

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