Richard Mille ha salutato il 2019 lanciando la collezione Bonbon formata da dieci modelli (ognuno prodotto in 30 esemplari) con microsculture colorate che riproducono caramelle, pasticcini o frutti. Una collezione che sarà l’ultima a essere stata presentata al Sihh di Ginevra. «Abbiamo lasciato il Sihh amichevolmente – spiega Tim Malachard, direttore marketing del brand –. Le ragioni che ci hanno spinto a questa decisione sono state diverse. Principalmente perché ogni anno organizziamo eventi in cui presentiamo spesso nuovi orologi, e non c’è più alcun motivo che ci spinga a decidere di non presentare le novità quando vogliamo noi. Inoltre, la tempistica che una fiera come il Sihh comporta alla nostra produzione può creare caos, mentre la possibilità di avere anche solo una settimana in più facilita il nostro processo produttivo».
Intanto, Sihh o meno, il brand anno dopo anno cresce in fatturato pur non aumentando la sua produzione mai oltre il 15% rispetto all’anno precedente. «È abbastanza incredibile – prosegue Malachard –. Nel 2016 abbiamo realizzato e distribuito 3.550 orologi. Nel 2017 erano poco più di 4mila e nel 2018 5.200. Non forzeremo mai la parte produttiva per fare maggiori profitti, che intanto dai 225 milioni di franchi svizzeri del 2016 sono passati ai 260 milioni del 2017 e ai 314 milioni del 2018».
Di questa costante crescita ha beneficiato anche il mercato italiano in cui Richard Mille, secondo Malachard, ha aumentato le sue quote costantemente. Confermata la strategia che prevede lo sviluppo di boutique monomarca in tutto il mondo: «Un paio di anni fa abbiamo fatto questa scelta che consideriamo giusta sia per l’identità del brand sia per mantenere un rapporto diretto con la nostra clientela».
Resta il problema della produzione che fatica a soddisfare le richieste, «una conseguenza del successo del marchio: la domanda supera di gran lunga la quantità di modelli che possiamo realizzare visti gli alti standard e i controlli di qualità che devono superare i nostri orologi. Questo significa che possiamo aumentare la produzione ogni anno solo di qualche centinaio di pezzi», conclude Malachard.
© Riproduzione riservata