L’occhio strabico del diavolo, con un abracadabra durato pochi istanti - biblicamente parlando - ha messo a disposizione dell’umanità una messe di aiutini sempre più tecnologici, sempre più imperanti: servofreno e servosterzo, domotica e robotica, meraviglie di comodità per automobili, barche e aerei, fino ai più recenti megaschermi tv, forniti di pixel a gogo, in grado di rivelare ogni imperscrutabile dettaglio. Altro che: “Donna e tela a lume di candela”, come si diceva prima delle pari opportunità. L’ultima trovata molto comoda e diciamo pure emozionante, che ha invaso l’orbe terracqueo è quella dei “servi” (non muti, anzi, parlanti instancabili) quali Google Nest Hub o Alexa. Sempre più presenti e on line, in case e uffici, sono capaci di rispondere all’istante ad ogni sussurro e su qualsivoglia argomento. “Alexa, che tempo fa oggi a Long Island?” “Chi era Garibaldi?” “Hi Google, I’d like to listen to Mozart’s Ave Verum”. Subito ecco la risposta. Quasi sempre giusta.
Ma chi ci dice che questi nuovi Hal (Kubrick, “2001 Odissea nello Spazio”) posti sul nostro tavolo da lavoro o sul comodino non siano in qualche modo permeabili ai guardoni? Ai famigerati big data, così utili però per Human Technopole, ma dotati di diabolici algoritmi predatori? Capaci di immagazzinare ogni battito di ciglia, in ogni momento? Pronti a rivelare segreti d’ufficio o di letto, spionaggio industriale o politico, fino al revenge porn. Così precisi da fare impallidire gli orpelli di pochi anni fa: cimici, operatori telefonici padroni delle centraline o quei trabiccoli tipo Mastroianni in “Matrimonio all’italiana”. Quid faciam? Urge un reset intelligente, capace di cancellare ogni traccia nell’istante stesso in cui ci si esprime. O in alternativa meglio sarebbe gettare l’intruso tecnologico dalla finestra. Il diavulin però se la riderebbe comunque, perché “quod factum infectum fieri nequit”. No escape!
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