VALENCIENNES - Potrebbe essere una settimana decisiva per il calcio femminile italiano, non solo per i risultati ottenuti in campo dalla Nazionale ai Mondiali di Francia con la qualificazione agli ottavi come prima squadra del girone C, ma anche a livello istituzionale con il riconoscimento del professionismo per le calciatrici di Serie A. La misura, infatti, potrebbe essere approvata nell’ambito del collegato sport («Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione», testo C 1603-bis), che è all’esame della commissione Cultura della Camera. I contorni della riforma per il professionismo femminile nel calcio non sono ancora noti ma di sicuro il riconoscimento del professionismo anche solo per le calciatrici della serie A rappresenta una vera rivoluzione non solo nel calcio ma più in generale per lo sport femminile italiano, considerato che le atlete italiane ad oggi sono tutte dilettanti.
«In questi anni con la Figc si è lavorato per far crescere il movimento del calcio femminile in Italia. Lo staff tecnico ha lavorato molto bene e i risultati si vedono in campo, anche grazie al fatto che si trova atlete già formate grazie al lavoro dei club in seguito alla riforma voluta proprio dalla Figc per dare uno sviluppo al settore. Sul fronte di Assocalciatori, invece, abbiamo lavorato sulla consapevolezza che questa può essere la generazione di calciatrici che rappresenterà il cambiamento per tutto il movimento», commenta Katia Serra, responsabile di Assocalciatori per il settore, incontrata a Valenciennes nel post partita Italia-Brasile.
Dal 2015, anno in cui saltò il campionato femminile, molto è cambiato e certamente la vetrina dei Mondiali sta giocando a favore di una svolta. Basti pensare che l’incontro di ieri dell’Italia contro il Brasile è stato seguito da 6,5 milioni di persone su Rai 1 con uno share pari al 29, 3 per cento.
«Dopo i risultati ottenuti dalla Nazionale nel girone di qualificazione agli ottavi appare ancora più urgente dare alle giocatrici tutte le tutele relative ha un rapporto di lavoro riconosciuto come tale: dalla previdenza alla sanità e al salario minimo», spiega Serra, aggiungendo poi: «Questo passaggio diventa importante ora anche per i club che stanno investendo nel movimento femminile. Infatti se una calciatrice è dilettante può decidere di accettare un'offerta di una squadra estera e non c'è nessuna normativa al momento che la possa trattenere in Italia. Questo vuol dire per i club rischiare di vedersi portar via l’investimento fatto fino ad oggi sulle atlete». E l’ipotesi non è neanche tanto remota considerato che ad esempio l’attaccante Barbara Bonansea (classe 1991), autrice della doppietta nella partita contro l'Australia e giocatrice della Juventus, è già corteggiata sia dal Lione sia da squadre cinesi. Stessa cosa per la centrocampista del Milan Manuela Giugliano, classe 1997.
«Questo mondiale ha allargato gli orizzonti e tante persone scettiche sul calcio femminile hanno avuto modo di ricredersi e persone che non conosceva il movimento ora hanno iniziato a seguirlo come dimostrano i risultati degli ascolti delle tre partite dell’Italia. Speriamo che questo ora si traduca nel convincimento delle famiglie a iscrivere le bambine alla scuola calcio in modo che si consolidi nel tempo il cambiamento anche grazie alle nuove generazioni di atlete», osserva Katia Serra, che sul proseguimento del percorso delle azzurre ai Mondiali è positiva: «Contro la Nigeria o la Cina siamo assolutamente in grado di giocarcela, sono alla nostra portata. La fisicità è la velocità della Nigeria potrebbe metterci in difficoltà, ma siamo in grado di affrontarle. La Cina invece costruisce bene dal punto di vista della manovra ma dietro a livello centrale mi sembra vulnerabile».
L’obiettivo delle azzurre a inizio mondiale era la qualificazione agli ottavi, con il primo posto del girone si è andati già oltre. Ora dal punto di vista sportivo non c'è soltanto il risultato in Coppa del Mondo ma anche la possibilità di qualificarsi alle Olimpiadi di Tokyo 2020 nel caso si riuscisse a rientrare tra le prime tre squadre europee come piazzamento. Certo che se i risultati sportivi fossero accompagnati anche da un cambiamento storico come il riconoscimento del professionismo, come peraltro chiesto nei giorni scorsi dal presidente della Figc Gabriele Gravina, questo mondiale avrebbe un valore ben oltre quello meramente sportivo che sarà guadagnato sul campo dalle azzurre.
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