Il Tar Lazio, con 5 sentenze depositate il 14 novembre (nn. 10965-10969), ha confermato 12,3 mln di sanzioni irrogate nell'ottobre 2017 dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato a banche e intermediari per due pratiche commerciali scorrette. Nel mirino dell'Antitrust erano finite la «prospettazione omissiva e ingannevole» ai consumatori di alcune caratteristiche «dell'investimento in diamanti», nonché l'«aggravamento delle condizioni per il diritto di recesso».
Respinti dunque i ricorsi di Diamond Private Investment e Intermarket Diamond Business, sanzionate rispettivamente per uno e due milioni di euro per entrambe le condotte. Bocciati anche i ricorsi di Unicredit, 4 milioni; Banco Bpm, 3,35 milioni; Monte Paschi Siena, due milioni, per la diffusione di materiale promozionale contenente una rappresentazione non corretta, predisposto dagli intermediari. Le sanzioni più alte comminate agli istituti di credito dipendono dai fatturati.
In particolare, riguardo alla prima violazione, l'Agcom aveva contestato le comunicazioni relative: al prezzo di vendita dei diamanti; all'andamento del mercato e all'aspettativa di apprezzamento del valore futuro dei diamanti; alla facile liquidabilità e rivendibilità del diamante; alla qualifica di leader di mercato del professionista. Con riguardo alla seconda violazione: la predisposizione di condizioni di compravendita che violano i diritti dei consumatori in materia di diritto di ripensamento, il quale è menzionato genericamente, senza allegazione del corrispondente modulo di recesso, e le modalità di esercizio del quale vengono limitate all'invio di una raccomandata. Per il Tar le banche conseguivano una provvigione pari ad una percentuale dell'operazione conclusa tra il 10% e il 20%, «valore il cui importo non si concilia con la pretesa natura indennitaria».
Il Tribunale insiste poi sul ruolo attivo dei funzionari nella vendita dei diamanti presso i risparmiatori, così rafforzando nel cliente l'idea che la «banca fosse il suo interlocutore». Di «estremo rilievo», prosegue la decisione, è il contenuto dei reclami, dai quali «appare chiara l'attività di promozione e consiglio svolta dai funzionari» nell'acquisto «previa prospettazione dei vantaggi».
Con riguardo ad Unicredit, per esempio il Tar afferma che «la responsabilità della ricorrente risulta puntualmente correlata anche al ritorno economico conseguito a seguito dell'attività di promozione dei diamanti di investimento (i cui importi ammontano a circa 40 – 50 milioni di euro nel periodo 2011 – 2016), nonché al, dichiaratamente perseguito, effetto di fidelizzazione della clientela, che aveva la sensazione di avere a disposizione un più ampio servizio consulenziale in materia di investimenti».
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