Cinzia Tagliabue, amministratore delegato di Amundi, è una delle poche donne che in Italia è ai vertici di una grande società del risparmio. Da alcuni mesi lavora ad un progetto creato da Assogestioni sui temi della inclusione e della diversity.
Dottoressa Tagliabue il mondo del risparmio gestito quanto è sensibile ai temi legati all’inclusione e alla diversity ?
Come Assogestioni abbiamo istituito un apposito gruppo di lavoro su inclusione e diversity. L’obiettivo è di procedere ad
una mappatura dello stato dell’arte, evidenziando quelle sono anche le best practices, misurando la presenza delle donne nei
consigli di amministrazione e più in generale nei ruoli apicali. Poi vogliamo sensibilizzare le Sgr all’adozione di politiche
di diversità dell’organo di amministrativo e di controllo e, più in generale, politiche di diversità del personale che includano
aspetti della pianificazione della carriera e misure per assicurare parità di trattamento ed opportunità al personale dei
diversi generi.
Che cosa avete riscontrato?
Come è noto molte delle Sgr non sono quotate però abbiamo visto come in tutte le società non quotate ultimamente ci sia stata
una sorta di emulazione verso quanto accade nelle quotate. Così, pur non in presenza di una normativa che imponga precisi
vincoli, nei Cda riscontriamo una certa rappresentanza di donne come amministratori non esecutivi e nei comitati non esecutivi.
Mentre è molto scarsa nei comitati esecutivi e così come accade in tutto il mondo bancario e finanziario è bassa la presenza
di donne nelle posizioni apicali. C’è dunque un evidente gap.
Che cose serve per cambiare questo stato di cose?
A livello personale posso dirle che sono diverse le cause. In primo luogo ci portiamo dietro un certo retaggio culturale nel
quale la donna è sempre stata collocata all’interno di alcuni ruoli. Tuttavia, nelle nuove generazioni questa mentalità sta
cambiando e lo vediamo dalle richieste di congedo parentale chieste dai giovani papà. A livello legislativo poi in Italia
c’è un sistema di welfare molto debole a supporto delle famiglie. Se solo lo confrontiamo con quello francese, emergono molte
carenze che spiegano perché spesso oggi la donna debba sacrificare la carriera per il bene della famiglia. Le aziende poi
devono implementare orari più flessibili con ad esempio l’introduzione dello smart working per consentire di lavorare da
casa, supportare le donne con programmi di mentorship, fare training per chi rientra dalla maternità. Ma soprattutto serve
un dialogo con tutti i soggetti coivolti perché il tema dell’inclusività deve essere condiviso con tutti i colleghi, ovviamente
maschi.
@lucillaincorvati
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