Il canale diretto per i rimborsi ai risparmiatori sarà riservato alle «persone fisiche», a patto naturalmente che abbiano un reddito Irpef 2018 fino a 35mila euro oppure depositi e investimenti, titoli azzerati esclusi, fino a 100mila euro. Onlus e micro-imprese, previste nella platea degli indennizzabili dalle bozze del decreto attuativo dovranno invece passare in ogni caso dal giudizio nella commissione tecnica «indipendente».
Il nuovo dettaglio sul «doppio binario» che guiderà gli indennizzi alle vittime delle liquidazioni bancarie è arrivato ieri dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, in risposta a un question time sul tema presentato alla Camera da Forza Italia (Sestino Giacomoni).
A muovere l’interrogazione sono stati in realtà le incognite politiche e tecniche che ancora circondano i correttivi alla legge di bilancio necessari a sbloccare i decreti attuativi e quindi la macchina del Fondo per l’indennizzo ai risparmiatori (Fir). Mentre sul Fondo il confronto prosegue, arriva l’accordo Lega-M5S sul presidente della commissione d’inchiesta sulle banche. «Sarà Gianluigi Paragone», annuncia in serata il vicepremier Di Maio dagli studi di Porta a Porta spiegando di aver ricevuto conferma dall’altro vicepremier Salvini e dal sottosegretario a Palazzo Chigi Giorgetti sul «sì» al senatore M5S: un nome che con le sue prese di posizione “di rottura” solleva più di un interrogativo a Bankitalia e anche al Colle.
Sui rimborsi, Fraccaro ha risposto a nome del ministro dell’Economia Tria partito per Washington per la riunione primaverile del Fondo monetario. E ha rassicurato sul fatto che «le modifiche alla legge di bilancio» sono già «state predisposte», e che il primo dei decreti attuativi sarà firmato «al più presto». Fraccaro, e il Mef con lui, hanno confermato anche la definizione preventiva dei profili oggettivi (ipotesi di reato a carico della banca) e soggettivi (condizioni di difficoltà lavorative o famigliari) che apriranno la strada ai rimborsi anche a chi dovrà passare dal giudizio della commissione. Il governo non ha voluto offrire una data precisa. Ma i tempi dovrebbero essere brevi.
Sullo sfondo pesa ancora la spaccatura fra le 13 associazioni che lunedì a Palazzo Chigi hanno votato a favore del doppio binario proposto dal governo e le due che si sono opposte. Il fronte dei contrari continua a premere per gli indennizzi diretti a tutti, senza esame in commissione tecnica. E Luigi Ugone, alla guida dell’associazione «Noi che credevamo nella Popolare di Vicenza», è riuscito a ottenere per il 24 aprile un incontro con la commissaria Ue all’Antitrust Margrethe Vestager. Tanto attivismo, secondo più di una ricostruzione, avrebbe irritato il premier Conte per le dichiarazioni pubbliche contro il governo. Ma soprattutto la tensione agita Lega e Cinque Stelle per le ricadute elettorali alla vigilia del voto europeo e amministrativo in calendario il 26 maggio nella metà dei Comuni. «Stiamo ragionando con chi ancora non è convinto», ha spiegato ieri il vicepremier leghista Matteo Salvini, «ma mi pare che all’Economia siano pronti». «Stiamo lavorando agli ultimi dettagli – ha aggiunto il presidente del Consiglio –, nei prossimi giorni il decreto arriverà senz’altro».
Anche perché lo stallo rischia di creare effetti a catena. Per ieri erano attesi dal governo i contributi delle associazioni dei risparmiatori per la «tipizzazione» delle fattispecie che guideranno le valutazioni delle commissioni tecniche. Ma al posto delle indicazioni, dal coordinamento delle 13 associazioni che hanno votato «sì» al doppio binario è arrivata una diffida «a provvedere all’emanazione del decreto promesso entro sette giorni dalla data odierna» per evitare «una diffusa e capillare azione di protesta nei confronti del governo e delle forze politiche che lo sostengono».
Fibrillazioni a parte, la strada appare in ogni caso segnata. I correttivi preparati per il decreto crescita, in cui si disciplina il doppio binario e si stabilisce l’«indipendenza» dei nove commissari dal governo, sono pronte e non hanno bisogno di un nuovo passaggio formale in consiglio dei ministri, perché il decreto chiamato a rianimare il Pil è stato varato con la solita formula «salvo intese».
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