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Perché dal 2011 l’asset allocation tradizionale è entrata…

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mercati e strategie

Perché dal 2011 l’asset allocation tradizionale è entrata in tilt

(Adobe Stock)
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È dunque finita un’epoca?  Per 30 anni, ed esattamente a partire dal 1990, non è stata necessaria nessuna abilità particolare per ottenere un 7,36% lordo medio annuo di rendimento con una strategia composta dal 25% in azioni europee (Euro Stoxx 600) e dal 75% di Bund decennale. Se dovessimo pensare al prossimo decennio questo scenario appare improponibile: semplicemente con il rendimento del Bund a zero ogni ipotesi di ritorno futuro parte azzoppato. Un’analisi condotta da Ten Sigma fotografa quello che è accaduto negli ultimi tre decenni individuando un punto di svolta molto preciso: l’anno 2011. Da quel momento infatti i rendimenti dei dividendi azionari in Europa superano stabilmente la cedola pagata dal Bund decennale. Un evento rivoluzionario per l’asset allocation, che ha cambiato decisamente le carte in tavola, e che continua a produrre i propri effetti nelle scelte di portafoglio degli investitori,

Le azioni come nuove obbligazioni?

Il paradosso utilizzato dalla società di Lugano, che ha condotto lo studio, fotografa una semplice realtà sotto gli occhi di tutti: la componente obbligazionaria governativa che ha mitigato i rischi negli ultimi 30 anni ha quasi esaurito la sua funzione e che per chi investe oggi rimane prevalentemente la componente azionaria al servizio del rendimento. Senza le azioni in portafoglio difficile ipotizzare ritorni attrattivi almeno che l’investitore non si sposti su obbligazioni a rischio più alto (high yield) che molto spesso hanno una volatilità che non ha nulla da invidiare all’equity.

Il ruolo delle strategie attive

Per navigare sui mercati azionari ci sono due approcci sostanziali. Il primo è quello di replicare il mercato, con metodi passivi, esponendosi alla volatilità dei listini a costi ridotti. L’alternativa è quella delle strategie attive, che devono dare un valore aggiunto per giustificare gli extra costi. Un ambito che in futuro può fornire spunti interessanti è quello di approcci al mercato per sterilizzare o coprire le perdite oltre soglie prestabilite.

«Mantenere un' azione o un Etf in perdita del 50% - spiega Roberto Malnati, risk manager di Ten Sigma Sagl di Lugano- significa dover attendere un rialzo del 100% per poter rivedere i livelli di prezzo antecedenti alla discesa. In attesa che i produttori di Etf adottino strategie sistematiche utili a bloccare le singole perdite eccessive dei componenti degli indici che vanno a replicare all'interno di limiti prefissati, lasciando ai titoli più virtuosi il compito di aumentare il proprio peso nell'indice e il loro valore, è utile per gli investitori cominciare a prendere in considerazioni una nuova generazione di fondi di investimento che adottano strategie dinamiche progettate per mantenere il rapporto tra rendimento e rischio all'interno di limiti molto stretti, anche grazie all'utilizzo di coperture».

Ovviamente queste strategie a rischio controllato batteranno difficilmente gli indici durante le fasi di rialzo molto marcato degli stessi. Ma è illusorio pensare che esista un mondo ideale dove i mercati vengono cavalcati con un timing perfetto. L’altra strada alternativa da percorrere è quella dei megatrend. «In presenza di investimenti a tema o settoriali  - conclude Malnati - aumenta considerevolmente la possibilità di individuare con regole algoritmiche i prossimi vincitori, ossia titoli che cresceranno nel corso degli anni anche di percentuali a tre cifre».

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