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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2013 alle ore 22:29.

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Sette storie di italiani che si rivolgono al Quirinale per raccontare le difficoltà di chi subisce gli effetti della crisi economica. Le cita Giorgio Napolitano, fatto inedito in un discorso di fine anno, leggendo e commentando alcune delle lettere ricevute nell'ultimo anno.

Il primo a essere citato è Vincenzo, un ex imprenditore di un centro industriale delle Marche che a 61 anni è rimasto senza attività (aveva un calzaturificio con 15 dipendenti) e senza lavoro. È lui che gli rivolge un appello a tagliare le spese della classe politica: «Non può essere che solo noi "semplici cittadini" siamo chiamati a fare i sacrifici. Facciamoli insieme. Che comincino anche i politici». Proposta che ottiene il plauso di Napolitano: «Mi sembra un proposito e un appello giusto».

È poi la volta di Daniela, della provincia di Como. Si lamenta del fatto che il suo fidanzato, che ha 44 anni, iscrittosi allo sportello lavoro del paese, non viene mai chiamato: è «giovane per la pensione e già vecchio per lavorare». «Parole drammatiche», chiosa il presidente.

Marco, della provincia di Torino, rivolge a Napolitano una «forte denuncia della condizione degli esodati», che il presidente rilancia.

Napolitano riferisce poi il caso di un anonimo padre di famiglia, titolare di un «modesto stipendio pubblico», che gli scrive: «Questo mese devo decidere se pagare alcune tasse o comprare il minimo per la sopravvivenza dei miei due figli».

È la volta di Franco, agricoltore di Vigevano, lunico che non racconta una storia di difficoltà ma che chiede di far rivivere lo «spirito di fratellanza» degli anni della ricostruzione.

Napolitano chiude con due lettere di ragazzi. Serena, che scrive da un piccolo centro della provincia di Catania, dice: «voi adulti e politici parlate spesso dei giovani e troppo poco con i giovani».

Infine Veronica, di Empoli, ancora disoccupata a tre anni dalla laurea ottenuta «a prezzo di grandi sacrifici». «Io credo ancora nell'Italia, ma l'Italia crede ancora in me?», chiede Veronica. «Una domanda - commenta Napolitano - che ci deve scuotere».

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