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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2014 alle ore 16:34.
L'ultima modifica è del 29 agosto 2014 alle ore 17:55.

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Twitch fa parlare soprattutto per un numero: i 970 milioni di dollari pagati da Amazon per acquistarla. La piattaforma di video online specializzata in videogiochi però ha anche un altro aspetto che sarà interessante analizzare: quello delle relazioni online. Twitch, tra le altre cose, rappresenta infatti un passaggio ulteriore nell'ampio e variegato mondo delle "relazioni online".

Su Twitch i giocatori possono non solo trasmettere le loro partite, e quindi già così condividere con altri la loro esperienza di gioco, ma hanno anche la possibilità di commentare le partite in chat. Chi conta davvero, quindi, non è tanto il gioco, quanto il giocatore, con un'esperienza interattiva molto coinvolgente. Mentre si allontana quindi l'idea del nerd che gioca isolato e chiuso nel suo mondo, sempre di più il mondo dei videogames diventa ‘social', tanto che ormai il 70% dei gamers gioca con altre persone. Ma Twitch, che è una specie di Youtube dei gamers con in più la possibilità di chattare, è solo uno dei modi in cui i gamers si relazionano tra di loro. Pensiamo a World of Warcraft o a Farmille, che hanno delle vere e proprie comunità online di milioni di utenti che interagiscono regolarmente tra di loro. O, ancora, a giochi come Destiny o Call of Duty o più in generale i Mmorpg in cui i gamers si danno appuntamento per affrontare insieme delle missioni, parlano, incontrano altri giocatori. Cosa significa? Sono "amici virtuali"? Le capacità sociali e di relazione nel mondo reale migliorano o peggiorano con queste interazioni online?

Secondo gli studi di psicologia più recenti, per esempio, nonostante molti giochi abbiano un contenuto violento, permettono ai gamers di apprendere abilità sociali come la cooperazione. In più, giocare in gruppo riduce i sentimenti di ostilità rispetto a quando si gioca da soli. Un altro elemento, seguito da un altro filone di ricerca, è quello che esplora lo sviluppo cognitivo nei gamers (soprattutto bambini e adolescenti) e le conseguenze sulle abilità interpersonali. In queste ricerche, si cerca di capire quanto le capacità di affrontare sfide e gestire conflitti nei giochi possano essere traslate nel mondo reale e nelle relazioni sociali. Tra gli studiosi, Isabela Granic e lo staff di ricercatori con cui lavora ritengono che i videogames permettano di sperimentare in condizioni "sicure" temi come il potere e la dominanza, l'aggressione, il dolore, la separazione e possano imparare a collaborare e accettare i propri simili. Si tratta di ricerche parziali, preliminari e non definitive, ma che danno un'idea della strada da esplorare.

Intanto, vale la pena chiedersi qualcosa in più sulla qualità di queste relazioni tra gamers. Sono davvero "relazioni" oppure sono solo illusioni di relazioni? Per il dottor Mario Lehenbauer-Baum, psicoterapeuta clinico e ricercatore presso la Sigmund Freud University di Vienna e la Vanderbilt University, Nashville in Tennessee , sono relazioni a tutti gli effetti, ma con qualche distinguo che va fatto. "Quella che nascono tra gamers vengono percepite come relazioni di intensità minore rispetto a quelle tradizionali, ma sono senza dubbio relazioni vere e proprie. E' comunque utile mantenere una distinzione tra relazioni virtuali e reali, che presentano comunque delle differenze. Immaginiamo però questa situazione: una persona soffre per una fobia sociale e non riesce a parlare con altre persone. Online, via chat, riesce invece a relazionarsi. Per come la vedo io è meglio questo che non relazionarsi affatto, anche una relazione virtuale ha un significato per le persone". Il punto, secondo quanto dimostrano gli studi condotti sul tema, è che "quando una relazione è solo virtuale o basata su scambi di messaggi, è facile crearsi un'immagine fantastica e questo è il motivo per cui la maggior parte delle relazioni sentimentali nate online fallisce nel momento in cui le due persone si incontrano in carne e ossa e la realtà non è all'altezza delle fantasie. "Tuttavia – spiega il dott. Lehenbauer-Baum – anche un'amicizia virtuale può essere forte e portare benefici nella vita di una persona". Come ha raccontato per esempio il film Her di Spike Jonze, senza cercare di definire la "buona" o la "cattiva" tecnologia, ma raccontando l'intensità delle emozioni di una relazione.

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