Guidare schiacciando con il gomito il ginocchio per accelerare. Dopo 25 ore al volante può succedere. Soprattutto se il volante
è quello di un'auto storica come la Renault Alpine A110, modello iconico per la corsa di Montecarlo. Alexia Giugni, responsabile
clienti istituzionali per il Sud Europa di Dws (gruppo Deutsche Bank), sa cosa vuol dire, quando le gambe non ce la fanno
più a tenere giù il pedale, ma bisogna andare se si vuole essere fra quelli che al traguardo, alla fine, ci arrivano.
Appassionata di auto d’epoca, nel 2006 ha deciso di comprare una Porsche 356. L’auto arrivò in Sicilia dagli Stati Uniti attraverso
un commerciante di import-export. Era un rottame del 1958 e sistemarla costò più del valore dell'auto nuova, ma ogni volta
che Giugni la guida, quelle quattro ruote le restituiscono la felicità. Ma non è la Porsche 356 quella con cui corre fra le
montagne del Sud della Francia per la Montecarlo. Li preferisce l'Alpine A110 con un motore 1300 preparato da Amédée Gordini,
il mago italo-francese dei motori che ha rivoluzionato l'automobilismo sportivo transalpino.
Fu proprio l'Alpine a vincere negli anni 70 la Montecarlo tre anni di seguito. E a Giugni non ha portato affatto male: 190esima
su 315 equipaggi, di cui solo otto con pilota donna. Il suo è stato il primo equipaggio italiano tutto al femminile, nella
storia della competizione, a portare a termine la gara. Certo avrebbe potuto andare meglio. D'altra parte per fare certe gare
servono una manciata di ingredienti fondamentali, secondo la manager: auto che finisca la gara, bravo navigatore, pilota che
non ha paura, un bravo team e tanta fortuna.
La fortuna, che però devi essere anche capace di conquistare, soprattutto in una gara sulla neve: il primo tratto prevede
la partenza alle ore 20, l'arrivo il giorno dopo alle 21, in mezzo 960 km fra strade di montagna e tornanti, nel buio e nella
neve. Alla fine i giorni di gara sono cinque e reggere non è da tutti. Durante l'anno, quindi, ore ed ore di palestra, nuoto,
vogatore, perché il sedile è basso e scomodo e la schiena deve reggere. Ma non basta, guidare in gara vuol dire conoscere
il motore, saper scegliere gli pneumatici adatti al momento, saper cambiare una gomma in velocità, conoscere il percorso,
riconoscere il suono del motore e saperlo interpretare, sapere quando spingere e quando rallentare. E per questo diventano
fondamentali i team, in cui si incontrano appassionati che sanno insegnare e trovare soluzioni.
Le auto d'epoca sono tutta meccanica e nella guida si sente la strada senza “filtri”, nello sterzo le asperità del terreno. Non ti sono concessi errori, devi guidare con attenzione e non puoi permetterti distrazioni. «Devi essere completamente concentrato su quello che fai è questo libera la mente, come la meditazione» dice Giugni. In gara sei lì in quel preciso momento. E ci sei con tutto te stesso.
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