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La morte di Senna 25 anni fa, quel giorno a Imola cambiò la Formula 1

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La morte di Senna 25 anni fa, quel giorno a Imola cambiò la Formula 1

Fu un weekend maledetto quello di Imola il 29-30 aprile e 1° maggio del 1994. Venticinque anni fa. Quel 1° maggio, in particolare, cambiò la Formula 1. Il week end maledetto era cominciato con l'incidente senza conseguenze a Rubens Barrichello, era proseguito nelle prove del sabato con la tragedia di Ratzenberger: l'incidente mortale alla curva Villeneuve dell'austriaco aveva sconvolto tutti, Senna per primo. Il campione brasiliano aveva corso quel poco di Gp prima dello schianto con la bandiera dell'Austria nella monoposto: fu ritrovata nella Williams sporca del sangue di Senna.

Ayrton Senna e Sid Watkins si parlano dopo la morte di Ratzenberger, il 30 aprile 1994 (JEAN-LOUP GAUTREAU / AFP)

Si è detto che Senna quella gara non l’avrebbe voluta correre, proprio per lo shock della morte di Ratzenberger. Ci sono immagini piene di significato riviste oggi. Come la foto del medico ufficiale di Formula 1, Sid Watkins, mentre parla con il campione brasiliano il giorno della morte di Ratzenberger. Il giorno dopo sarà lo stesso Watkins a cercare di salvare il campione con una operazione disperata a bordo della pista, con un telone che cerca di proteggere la scena dalle telecamere, poi la copertura viene tolta e Senna, incosciente, viene trasportato sull’elicottero diretto all’ospedale di Imola. Sull’asfalto si vede una grossa pozza di sangue. La telecronaca di Mario Poltronieri, morto nel 2017, storica voce della Formula 1 che un anno dopo sarebbe andato in pensione e si trova a raccontare agli italiani la gara più difficile della sua carriera, è drammatica. «Siamo sotto shock», dice, «non deve succedere mai più, bisogna fare interventi drastici sulla sicurezza». I minuti passano lunghissimi. Ci sono secondi di silenzio, apprensione: dal tono di voce di Poltronieri è evidente che la situazione è disperata. D’altronde Senna dopo un piccolo movimento del capo, non ha dato alcun segnale. Il campione morirà alle 18.40, questa l’ora ufficiale comunicata dai medici, ma dopo lo schianto delle 14.17 non ha mai preso conoscenza.

In questi venticinque anni il ricordo del pilota-fenomeno non si è mai spento: libri, film, omaggi in tutto il mondo. La formula uno di oggi è un'altra storia. A Imola la morte-choc in pista del pilota di San Paolo ha segnato la linea di demarcazione tra il prima e il dopo: niente sarebbe stato più lo stesso. E non solo per le magie di cui era capace, quei duelli con la pioggia tanto amata, i sorpassi con Alain Prost, quell'odio che erano rivalità e rispetto puro. Alla formula uno da quel primo maggio manca un campione che la morte così prematura e violenta ha reso eroe senza tempo.

Aveva 34 anni, tre mondiali vinti, e quella domenica un'inquietudine che lo voleva quasi far rinunciare a correre. «Nessuno ci ha ordinato di correre in formula 1, ma non siamo pagati per morire» aveva detto contestando l'avvento di regole nuove che avevano tolto sicurezza alle macchine e ai piloti. Aveva esordito in F1 proprio nel Gp di casa, in Brasile nel 1984 alla guida della Toleman-Hart. Aveva 24 anni e per dieci sarebbe stato il numero uno. Con un filo rosso che ha inciso la sua straordinaria carriera: il talento sotto la pioggia e le sfide con Prost, che ritrova in squadra alla McLaren, team con cui vince il primo mondiale. Nel '90 il bis iridato, il terzo titolo arrivò la stagione successiva: nel '94 l'addio alla McLaren e il passaggio alla Williams: ma il feeling con la nuova macchina non era scattato. A San Marino però, terza prova di quel mondiale stregato, Senna aveva conquistato la pole: dietro di lui un talentuoso Michael Schumacher, che sulla Benetton aveva già vinto le prime due gare della stagione. Ma la corsa finì al settimo giro. Senna uscì di pista alla curva del Tamburello, a causa del cedimento del piantone dello sterzo. La monoposto impazzita, l'urto tremendo.

La tragedia arriva ovunque, attraversa le tv, lascia un mondo e un Paese, il Brasile, tramortito dal dolore. In 5 milioni accorrono al funerale. Da 25 anni Ayrton Senna da Silva è la tomba numero 11 al cimitero di Morumbi: «Nulla mi può separare dall'amore di Dio» si legge.

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