Il Sole 24 Ore
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19 febbraio 2011

Ecco come i governi spengono internet


Come si blocca internet? Dalla Cina all'Egitto, passando per la Libia. La storia recente è costellata di censure che corrono in rete per contrastare la libera circolazione delle idee attraverso il passaparola su social network, email e sms. Ma come fanno, tecnicamente, i governi a staccare la spina al web?

«Bloccare rapidamente la possibilità di utilizzare Internet è possibile solo se a livello governativo si agisce sui router», osservano gli esperti. I router potrebbero essere paragonati a delle autostrade lungo le quali viene indirizzato il traffico alle diverse destinazioni. Bloccare un router – operazione semplice quando la rete di tlc nazionale è pubblica e gestita dal governo centrale – equivale quindi a chiudere un'autostrada e chiudere l'intera rete autostradale significa paralizzare le comunicazioni.

Lo stesso vale per la telefonia cellulare. In questo caso per sospendere la copertura dei servizi il governo deve però trattare con gli operatori, che non sempre hanno sede legale nel paese in questione. Spesso però i ripetitori sono forniti con concessioni pubbliche, cosa che facilita le trattative per i governi autoritari: gli operatori che non scendono a compromessi rischiano di essere tagliati fuori dal business di quella nazioni.

Esiste poi un terzo livello di censura, quello che colpisce i singoli siti, come è accaduto per esempio a WikiLeaks. In questo caso il blocco avviene a un livello diverso dal router, perché viene interrotta la comunicazione a livello dell'indirizzo (dominio) del sito: anziché un'autostrada, era stato bloccato l'accesso a una singola città. In alcuni Paesi, come Cina e Iran, il controllo governativo ha riguardato in particolare alcuni siti e aveva attivato determinati punti sulla rete per tenere sotto controllo il traffico. Questa tecnica può essere utilizzata anche per singole pagine: secondo Google sono più di 40 i governi che hanno chiesto al motore di ricerca di rimuovere contenuti sgraditi. Nel 2002 erano solo quattro.

Mentre i governi censurano, gli internauti provano ad aggirare la censura. Esistono degli strumenti informatici per eludere i filtri imposti alla rete da quei governi autoritari che vogliono impedire la libera circolazione di critiche? Da alcuni anni sappiamo che esiste più di una strategia per sfuggire ai controlli.

Secondo un recente studio del Berkman Center di Harvard, realizzato da Hal Roberts, Ethan Zuckerman, Jillian York, Robert Faris e John Palfrey, il 3% delle popolazioni dei paesi in cui internet è censurato utilizza software per aggirare i controlli. I più utilizzati sono i programmi per eludere i filtri e navigare in forma anonima. Freegate, Ultrasurf, Tor e Hotspot Shield, perlopiù sono tool complessi, molto conosciuti in rete e piuttosto sicuri. Eppure, la maggioranza preferisce utilizzare una proxy, il metodo più semplice ma meno sicuro: con la proxy si accede alla rete attraverso server particolari che non vengono intercettati dai filtri governativi. Questo, fino a quando le autorità non si accorgono della loro esistenza. A quel punto possono decidere di spiare gli utenti "ribelli" o di bloccare i server.

Secondo il rapporto Berkman Center di Harvard, la diffusione delle proxy, facilmente rintracciabili con motori di ricerca, spiega la crescente popolarizzazione di questi sistemi ma ne mette in luce anche i limiti. Pochissimi sono invece coloro che si affidano a Vpn, linee protette e dedicate per accedere ai siti. In totale, il rapporto ha individuato 134 Vpn. Un numero triplicato negli ultimi tre anni.


19 febbraio 2011