Il Sole 24 Ore
Stampa l'articolo Chiudi

Replicatori DI MATERIA

Antonio Dini


IL capitano Piccard IN STAR TREK PROVA, A BORDO DELL'ENTERPRISE, UN AVVENIRISTICO USO DEL 3D

A bordo dell'astronave Enterprise lo chiamavano «replicatore di materia a matrice molecolare». Quando arriva il momento di farsi un caffè o una tazza di brodo, il capitano Picard deve solo premere un pulsante e un certo quantitativo di materia inerte viene modellato da campi di forza e trasformato in quel che serve, sulla base di una banca dati centrale che tiene in memoria il modello originale. La trovata della fantascienza classica diventa popolare grazie alla serie tv creata negli anni 60 da Gene Roddenberry e arrivata fino ai giorni nostri; è semplice e straordinaria. Produrre da materiali di scarto tutto quel che vogliamo. L'economia e la società stessa della Terra del futuro cambiano grazie a questa singola invenzione (e al sistema collegato del teletrasporto). Non serve più neanche avere i soldi, perché non c'è più scarsità di niente.
Oggi il replicatore non c'è ancora. Ma non siamo poi così lontani. E gli effetti potrebbero essere altrettanto profondi: portando all'estremo queste idee non solo ciascun consumatore dovrebbe poter avere i beni che vuole nella forma che vuole, ma addirittura produrseli da solo. Basterebbe avere a casa propria una stampante particolare, che realizza oggetti 3D come il riproduttore molecolare di «Star Trek». Ci si collega a internet, si acquista il progetto di un oggetto che ci piace, si preme il pulsante e, dopo aver scaricato dalla rete il modello digitale, questo viene riprodotto fisicamente nella nostra stampante 3D. Niente di più facile e di più rivoluzionario: solo le implicazioni per la proprietà intellettuale rischiano di far sembrare la guerra tra industria discografica ed Mp3 una barzelletta.
«Apparecchi per la stampa 3D – spiega Clément Moreau, 30 anni, Ceo di Sculpteo – ce ne sono già, fanno cose sempre più complicate e costano sempre meno. Adesso qualche migliaio di euro. Per questo abbiamo capito che è un mercato molto, molto interessante, che offre prospettive per piccole start-up hi-tech come la nostra». La visione della piccola start-up francese Sculpteo, fondata nel 2009, è interessante: si manda un documento elettronico che contiene la descrizione dell'oggetto da stampare nella "fabbrica 3D" sui Pirenei. È una tappa di avvicinamento alla stampa 3D per tutti in casa propria. «Domani i consumatori potranno fare una foto a un oggetto, tornare a casa e riprodurlo in 3D. Adesso le cose sono un po' più complicate», dice Moreau.
A Sculpteo basta un documento elettronico 3D base per generare un modello tridimensionale che le sue stampanti basate su polimeri plastici, con tolleranze a due decimi di millimetro, possono riprodurre. Inserendo il progetto dal sito web, i software lato server di Sculpteo lo interpretano riportandolo a un formato standard e realizzando in tempo reale una simulazione del prodotto finale, rendendone possibile anche il calcolo del costo.
«In meno di una settimana – dice Moreau – il pacco arriva in tutto il mondo, con una spesa di qualche decina di euro». È il primo passo di una produzione basata sul concetto di personalizzazione di massa. I clienti dell'azienda, che ha già prodotto alcune decine di migliaia di oggetti, sono i più vari: dagli hobbysti che possono farsi produrre i pezzi che mancano per il plastico di una vita, a persone che vogliono produrre un ricordo per gli amici, a chi vuole un avatar tridimensionale a partire da una sua foto, loghi, bigiotteria, fino a piccole imprese che abbattono i costi di prototipazione dei modelli di mockup. Se il capitano Picard dovesse rimanere prigioniero della nostra epoca, si iscriverebbe subito al servizio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
www.sculpteo.com