Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2011 alle ore 17:33.

My24
Installatore Wi-fiInstallatore Wi-fi

Oggi è l'ultimo giorno della consultazione pubblica su un decreto che continua a scatenare un crescendo di polemiche. Da domani quindi non sarà più possibile mandare proposte e commenti al ministero dello Sviluppo Economico per tentare di correggere il tiro a un testo che rischia di costringere utenti e operatori Wi-Fi a una ridda di burocrazia e costi, a favore della lobby degli installatori di apparati di reti.

E- nuovo allarme nato dalle più recenti analisi del decreto- potrebbe anche rallentare la diffusione degli hot spot pubblici gratuiti.
Si tratta della bozza Decreto ministeriale Regolamento di attuazione dell'articolo 2, comma 2, del Decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 198 intitolata "Attuazione della Direttiva 2008/63/CE relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni".
In sostanza, il ministero vuole introdurre una norma che impone di installare vari apparati di rete solo tramite appositi "installatori telefonici", iscritti a un futuro albo, che nascerà appunto con questo decreto. Pena una sanzione tra i 15 mila e i 150 mila euro.

L'articolo 10 della bozza spiega i casi in cui non sarebbe richiesto l'intervento del tecnico. Molti esperti osservatori del settore, tra cui Fulvio Sarzana e Guido Scorza, hanno notato che è una casistica confusa e tendenzialmente troppo ristretta. In sintesi, se il decreto passa così com'è, bisognerà chiamare un tecnico patentato per qualunque collegamento o configurazione che sia più complesso del semplice inserire una spina. O anche per sistemi a cui si possano collegare dieci o più apparati.
L'access point Wi-Fi, cioè gli hot spot o i semplici router casalinghi, rientrerebbero appieno negli obblighi, visto che permettono l'accesso a molti più utenti e sono configurabili con password (il che non è un semplice attaccare una spina). Varie associazioni di settore, come Assoprovider e Apici, hanno criticato anche le modalità con cui il decreto intende certificare (cioè patentare) gli installatori. Bisogna aver lavorato presso un'azienda di installatori telefonici; non è richiesta una competenza informatica e sono esclusi i tecnici liberi professionisti, quindi. Le aziende che non hanno già lavorato in quel campo possono essere certificate all'installazione solo se hanno una certa strumentazione, come furgoni dotati di scala. E' notorio che serva una scala, d'altronde, per installare un router a casa o un hot spot in aeroporto.

Ne derivano due ordini di preoccupazioni: per gli utenti e gli operatori. Il decreto metterebbe fuorilegge circa 30 milioni di router Wi-Fi distribuiti nelle case o nelle aziende. E quindi via alla corsa per mettersi in regola con il tecnico patentato. «Il rischio è di restringere la concorrenza nel mercato di sistemi informatici e alzare i costi di installazione», dice Scorza. «Aziende e PA non potranno più rivolgersi a tecnici di fiducia o al proprio responsabile informatico, ma ricorrere solo a imprese installatrici presenti nell'albo», continua. Danno anche per gli operatori, che non potranno più limitarsi a spedire il router Adsl a casa dei nuovi abbonati.

Sarzana nota anche una discriminazione, nel decreto, tra provider e operatori telefonici. "Gli Isp (Internet service provider) che versano in media 600 euro di contributi governativi dovranno pagare, se vogliono fare il lavoro di installatori Wi-Fi, le cifre molto più alte che già pagano gli operatori telefonici (almeno 23 mila euro). Questi invece potranno fare gli installatori senza versare niente in più". Si distingue la proposta di Apici al ministero: di riconoscere nel decreto "una professionalità che al momento il nostro impianto legislativo ignora completamente: quella del consulente/tecnico informatico specializzato. Questo professionista potrà, in base alla nostra proposta, autocertificare le proprie competenze e operare configurazioni e manutenzioni (relativamente ai software presenti sugli apparati) su qualsiasi impianto di rete, a prescindere dalle dimensioni dello stesso".

Collaterali sono i problemi che il decreto può portare al Wi-Fi pubblico gratuito. Cioè alla diffusione di un fenomeno che di recente ha cominciato a crescere bene in Italia, soprattutto grazie alle reti delle pubbliche amministrazioni o di operatori specializzati come Futur3. "Il decreto, così com'è, ci complicherebbe molto le cose", dice al Sole24Ore.com Massimiliano Mazzarella, amministratore delegato di Futur3. "Tecnicamente per Futur3 non c'è un problema diretto, poiché noi creiamo e vendiamo servizi che vengono installati da installatori o rivenditori. Il problema è per l'installatore che deve certificarsi e pagare per una cosa che è molto semplice da installare... indirettamente, quindi, è un problema molto importante per aziende come la nostra perché si riducono le società in grado di installare e quindi si riducono le opportunità di vendita. Di conseguenza aumenteranno anche i costi e quindi il consumatore finale ne risentirà". "Se questo decreto passerà- continua-, penso che nascerà un "mercato" delle certificazioni. Ovvero: le installazioni si faranno comunque come sempre, ma si pagherà un entità terzo perché rilasci un allegato di certificazione per mettere a posto la burocrazia e non per migliorare un servizio. Aumento di carte, costi e tempi… per nulla".

Non sono ancora chiare le motivazioni che hanno spinto il ministero su questa strada. Se si tratta di una formulazione errata in buona fede (nel definire le esclusioni nell'articolo 10, soprattutto) o se c'è lo scopo di favorire le tradizionali società di cablaggio telefonico. Alcune delle quali, italiane, navigano ora in cattive acque, ma alla luce del decreto potrebbero avere da subito un grosso nuovo mercato. A spese però di utenti, aziende e operatori.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi