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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2011 alle ore 10:29.

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Le previsioni sono tutte ispirate all'ottimismo: Gartner prevede per il cloud un mercato mondiale da 149 miliardi di dollari per il 2014. Ma il Centre for Economics and Business Research rafforza la visione sostenendo in un rapporto pubblicato a dicembre che la nuvola avrà un effetto moltiplicatore in termini di produttività, creazione di lavoro, competitività e sviluppo del business: un effetto che il Cebr stima in oltre 1.000 miliardi di dollari di creazione aggiuntiva di valore e in 2,4 milioni di posti di lavoro in più solo in Europa, nell'arco dei prossimi cinque anni. Amazon stessa ha scoperto da tempo il valore della cloud e si è unita ai fautori del cloud della prima ora, da Google a Microsoft a Salesforce, che vedono emergere tra le nuvole un mondo di innovazione in grado di fare da volano alla crescita liberando quel fermento creativo che oggi caratterizza il comparto consumer, attorno a smartphone e tablet.

Il cloud diventa così un item strategico sul quale devono decidere il Ceo e il responsabile finanziario, non più solo la struttura informatica dell'impresa. «Impone alle aziende di valutare e decidere quale ruolo vogliono avere – aggiunge Giuseppe Gorla, responsabile Technology di Accenture Italia –: se essere meri utenti di cloud, disinvestendo asset rilevanti e ottenendo un servizio di qualità, oppure diventare provider, investendo in strutture a supporto del business, prima all'interno dell'azienda e poi verso l'esterno».

Entro il 2015, secondo Gartner, il 50% delle imprese Global 1000 utilizzeranno il cloud per i loro dieci settori principali di reddito. E, conferma Sondergaard, la riduzione dei costi conseguente libererà nuove opportunità nella fascia alta dei servizi cloud. Inevitabilmente queste risorse prenderanno la forma delle apps: hanno creato un mercato inimmaginabile solo tre anni fa e adesso questi software stanno andando sempre più sul web, sfruttando browser che diventano veri e propri sistemi operativi e liberando l'hardware da pesanti fardelli di software mangia-memoria. Non a caso si inizia a parlare di Applications as a service.

I benefici sono chiari: flessibilità e riduzione dei costi in primo luogo, insieme alla possibilità di connessione da qualsiasi punto del mondo, con qualsiasi device (sempre che sia disponibile la banda larga, il che non è sempre così scontato). L'unicità è rappresentata dal fatto che si tratta di «una tecnologia davvero democratica – sottolinea George Hu, vicepresident marketing di Salesforce, uno dei pionieri del cloud, – che non fa differenza tra aziende piccole e grandi».

Una rivoluzione apparentemente senza controindicazioni, quindi. La crescita del mercato ha iniziato però a evidenziare anche i problemi. In primo luogo le questioni legate alla sicurezza. Troppo spesso, e in Italia più che altrove, le aziende sono restie nel mettere in mano ad altri dati essenziali per il proprio business, temendo in primo luogo che possano finire in mani non desiderate. Inoltre i contratti sono ancora poco trasparenti e confusi, con l'effetto che i clienti si trovano a dover affrontare spese superiori al previsto o ad aver problemi inattesi nella migrazione dei dati tra fornitori differenti. «Esiste un problema reale di legislazione in materia di responsabilità – conclude Sondergaard di Gartner –: non è ancora chiaro se il contractor sia legalmente responsabile, o quantomeno le leggi e la giurisprudenza sono diverse da Paese a Paese». Ma l'impegno per armonizzare le regole è già stato espresso in più sedi: la posta in gioco sembra troppo elevata per frenarne le potenzialità.

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