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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2013 alle ore 08:20.

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Nella foto Alessandro Pane, Direttore della ricerca e sviluppo di Ericsson in ItaliaNella foto Alessandro Pane, Direttore della ricerca e sviluppo di Ericsson in Italia

Le sperimentazione delle reti capaci di garantire i 100 Gigabit in downstream è sì in atto, anche in Italia, ma la realtà – in termini di tecnologie e infrastrutture accessibili su larga scala - è un'altra. E l'auspicio, secondo il manager di Ericsson, è che l'Agenda Digitale o i progetti di smart city in pancia al vecchio e nuovo governo possano accelerare i progetti legati alle nuove reti a banda ultra larga. Al momento di piani in orbita terabit comunque non ce ne sono e i carrier che secondo Pane potranno dedicarsi a questa tecnologia sono quelli più "capaci" sul fronte infrastrutturale, e cioè Telecom Italia e Vodafone. Ci vorrà comunque qualche anno almeno per vedere segni tangibili di questa "necessaria" innovazione, a cui concorrono, va ricordato, anche i fornitori di infrastrutture cinesi. La presenza in Italia di Huawei e Zte? "Uno stimolo – secondo Pane – a fare sempre di meglio e ad essere ancora più competitivi".

La sperimentazione con Telstra in Australia
La scelta della terra dei canguri per il test della tecnologia a un terabit non è stata casuale, e non solo per gli stretti rapporti in essere fra Ericsson e l'operatore telco australiano. "Un Paese perfetto, per via della sua confermazione, per la sperimentazione della banda larghissima – conferma infatti Pane – perchè richiede collegamenti ultra veloci a grandi distanze. E l'Australia è inoltre un Paese che guarda con molta attenzione all'evoluzione delle infrastutture come asset strategico per lo sviluppo della propria economia".
Il test è stato eseguito su una rete in fibra ottica già esistente ed ha dimostrato come, con l'ausilio di apparati e tecnologie di nuova generazione, si possano raggiungere velocità di trasmissione fino a 1 Tbps supportando contemporaneamente connessioni a 40 e 100 Gbps. In altre parole, Ericcson ha confermato come sia possibile aumentare la capacità di badna dei cavi di un backbone ottico già esistente.
Il segreto del buon esito della sperimentazione? Si chiama Frequency Packing, tecnologia che Ericsson ha messo a punto nel 2012 e basata su nuovi algoritmi matematici di processamento dei segnali in grado di comprimere il contenuto delle informazioni in una piccola porzione dello spettro disponibile. Rendendo di conseguenza la soluzione compatibile con reti ottiche già sviluppate e disponibili. Più precisamente, il Frequency Packing funziona in combinazione con una seconda tecnologia, denominata Low Density Parity Check (Ldpc), che consente di ricostruire il segnale a valle della trasmissione, garantendo livelli di qualità elevate nonostante le distorsioni che possono essere prodotte dal collegamento ottico.
L'intuizione dei ricercatori italiani è stata sulla carta semplice: applicare il sistema di codifica e decodifica di cui sopra, utilizzato in passato per le trasmissioni satellitari, nell'ambito delle trasmissioni in fibra ottica. Ora aspettiamo di vedere il frutto di questa intuizione anche nel nostro Paese.

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