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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2014 alle ore 10:04.
L'ultima modifica è del 01 giugno 2014 alle ore 10:38.
«Digitalizzare non significa puramente dematerializzare la carta, bensì impostare una profonda revisione delle aziende e del modo di lavorare alla luce delle opportunità offerte dalle tecnologie digitali», conferma Alessandro Perego, responsabile scientifico Osservatorio fatturazione elettronica e dematerializzazione per il Politecnico di Milano. «La fatturazione elettronica è quindi un primo importante passo di un percorso digitale che coinvolge la nostra Pa e si riflette sull'intero sistema economico italiano. Il percorso comincia dal recupero di efficienza e dall'incremento di produttività; per arrivare poi a trasformare la cultura collettiva, con una nuova consapevolezza: di quanto l'innovazione digitale sia importante per la competitività dell'intero sistema Paese», aggiunge. Per esempio e in pratica, «passare dalla semplice fatturazione elettronica alla digitalizzazione dell'intero ciclo dell'ordine aumenta fino a sei volte i risparmi per le aziende: tra i 25 e i 65 euro per ogni ciclo», aggiunge.
«Una nuova cultura digitale può portare a integrare le informazioni delle fatture con quelle di bolle, conferme d'ordine e ordini, gestiti tutti in formato digitale; può ridurre le attività amministrative a basso valore aggiunto, ancora molto diffuse; può partorire modelli sempre più efficaci per la verifica fiscale e la lotta all'evasione», aggiunge Paolo Catti, responsabile della ricerca per lo stesso Osservatorio. «In generale, finalmente l'Italia arriverebbe a comprendere che il digitale è una leva strategica su cui costruire modelli di processi più competitivi», aggiunge.
«Siamo d'accordo che la fatturazione elettronica obbligatoria porta molti benefici – aggiungono da Confindustria –: modernizzazione dei rapporti tra Pa e imprese, semplificazione delle procedure interne aziendali e degli adempimenti fiscali, migliore monitoraggio sui debiti delle Pa verso le imprese. Sono vantaggi che toccheremo nel medio termine. Nel breve – avvisano però da Confindustria –, in questa fase di transizione, saranno necessarie attività di adeguamento alla novità da parte delle aziende fornitrici della Pa».
«Non sarà facile né per la Pa né per le imprese adeguarsi subito a un modello di relazione così diverso», conferma Catti. Per esempio, «il formato elettronico strutturato introduce alcune rigidità nel processo, inusuali per chi lavora con la carta: è necessario siano presenti un certo numero di informazioni e che queste siano scritte in modo coerente con quanto previsto per ogni "campo" del documento», spiega.
«Il rischio principale è che ci sia un ritardo nello sposare appieno le nuove logiche. Le imprese potrebbero metterci troppo tempo a estendere la fattura elettronica ai propri clienti non Pa. Le Pa potrebbero conservare prassi e procedure interne figlie della carta». «Ma nessuna paura: è solo una fase temporanea di assestamento. Una volta terminata, i benefici non si faranno attendere», dice Catti.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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