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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2014 alle ore 15:23.
L'ultima modifica è del 11 luglio 2014 alle ore 16:01.

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In un intervento pubblicato dal Guardian, il responsabile legale di Google, David Drummond, dice una serie di cose sul diritto all'oblio. La vicenda: con una sentenza di metà maggio la Corte europea ha sancito che le persone abbiano il diritto di chiedere che le informazioni «inadeguate, irrilevanti o non più pertinenti, o eccessive» siano rimosse dai risultati di ricerca che includono il loro nome.

La rimozione è iniziata da fine giugno e qualche giorno fa Guardian e Bbc hanno segnalato di aver ricevuto da Google la notifica che alcuni loro articoli non sarebbero stati più rintracciabili dal motore di ricerca.

Drummond annuncia la creazione di un sito su cui si trovano i nomi e le biografie di tutti i membri del rinnovato comitato istituito ad hoc sul tema (ci sono, tra gli altri, l'italiano Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell'informazione all'università di Oxford, lo stesso Drummond, l'executive chairman di Google Eric Schmidt e il fondatore di Wikipedia Jmmy Wales). Sul sito si trova anche un modulo con il quale tutti gli utenti del web possono esprimere la propria opinione sul diritto all'oblio. La domanda che Google fa al mondo è: «Come dovrebbe essere bilanciato il diritto all'oblio di una persona con il diritto del pubblico di sapere?»
Il dibattito «è benvenuto» perché si tratta di «una questione complessa, senza facili risposte».

Google non perde l'occasione per ribadire la sua contrarietà alla sentenza. «Non siamo d'accordo - scrive Drummond - ma ovviamente rispettiamo l'autorità della Corte Ue». «Stiamo facendo del nostro meglio per attenerci alla sentenza rapidamente e responsabilmente - aggiunge Drummond -. È un compito enorme, dal momento che da maggio abbiamo ricevuto più di 70.000 richieste che riguardano 250.000 pagine web».

Il dirigente di Google dice che «gli esempi che abbiamo visto finora evidenziano i difficili giudizi di valore che i motori di ricerca e la società Europea devono ora affrontare: ex politici che vogliono far rimuovere messaggi che criticano le loro politiche quando erano in carica; criminali violenti che chiedono di cancellare articoli sui loro crimini; recensioni negative su professionisti come architetti e insegnanti. Naturalmente, in soli due mesi - osserva -, il nostro processo è ancora molto in fase di sviluppo. È per questo che la scorsa settimana abbiamo erroneamente rimosso i link ad alcuni articoli (da allora i link sono stati ripristinati)».

Con un approccio paradossale Drummond sottolinea che «il tribunale ha inoltre deciso che i motori di ricerca non si qualificano per una "eccezione giornalistica". Ciò significa che un giornale potrebbe avere sul suo sito web un articolo su un individuo, articolo che è perfettamente legale, ma noi potremmo non essere in grado di mostrare legalmente i link a quell'articolo nei nostri risultati quando si cerca il nome di quella stessa persona. E' un po' come dire che il libro può stare in una biblioteca, semplicemente non può essere incluso nel catalogo della biblioteca». (l. sal.)

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