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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2014 alle ore 08:12.

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La scelta di tecnologia "leggera" si riverbera nella strategia di un'innovazione didattica non imposta dall'alto, che si basa sulla formazione continua, anche per il digitale, incentrata sulla diffusione delle esperienze già compiute sul territorio. Gli "innovatori naturali" assumono un ruolo di coordinamento della formazione per i colleghi all'interno di scuole in rete e di vera e propria mentorship all'interno dei singoli istituti. Su queste basi il ministero punta per la diffusione di didattiche innovative, anche se le critiche si concentrano sull'assenza di una strategia complessiva su questo aspetto.
L'Italia d'altra parte non parte proprio da zero in fatto di innovazione e di sperimentazione digitale: «Tra i docenti c'è voglia di fare e di innovare – sostiene Tavazzi –: ora bisogna mettere a sistema il nuovo che è emerso». Il rapporto Ambrosetti propone di aggregare le esperienze e gli innovatori in un progetto-pilota, battezzato EduStart, che dovrebbe coinvolgere tre regioni (Lombardia, Piemonte e Friuli Venezia Giulia).
Ma allo stesso tempo il digitale diventa una competenza di per se stessa: «Il livello di preparazione dei nostri giovani potrà essere allineato a quello dei lori coetanei europei grazie all'adozione pervasiva di soluzioni e architetture tecnologiche innovative, basate su standard aperti, e alla diffusione di competenze digitali attraverso un processo di formazione permanente», sottolinea Stefano Venturi, ad di Hp Italia, che ha commissionato la ricerca di Ambrosetti. L'informatica si candida così a diventare materia curriculare e l'alfabetizzazione digitale, nel senso della padronanza dei linguaggi di programmazione, partirà dalla scuola primaria. E i laboratori che hanno formato generazioni di tecnici italiani puntano a trasformarsi in ambienti dove si sperimenta il making digitale. Candidandosi a diventare le botteghe degli artigiani per la nuova società digitale.
Educazione per il 21° secolo
Il programma del Miur per fare la scuola digitale
Roma. I ragazzi devono imparare a padroneggiare linguaggi e codici informatici per trasformarsi da semplici utilizzatori a programmatori in grado di sviluppare contenuti, risolvere problemi in maniera creativa. Per questo il coding entrerà nelle aule fin dalla scuola primaria, con l'obiettivo che l'informatica diventi materia curriculare
Roma. Finora gli investimenti hanno puntato su tecnologia "pesante" e device mobili, adesso è meglio puntare su sistemi più flessibili, a partire dalla connessione in tutte le scuole e sul Byod. E i laboratori tecnico-scientifici devono trasformarsi per adeguarsi al "fare" nell'epoca digitale: stampanti 3D, ma anche robot e laser
Roma. Il ruolo del docente acquista una nuova centralità: il cambiamento passa per un percorso di formazione esperienziale in rete con un processo bottom-up. Perché è un docente il formatore più credibile per un altro docente. E per sostenere i progetti didattici e l'innovazione viene lanciato il crowdfunding
Roma. Il cambiamento della scuola dovrà partire dal ministero: la digitalizzazione diventa il punto cardine verso l'efficienza amministrativa. Per agevolare questo processo i dati della scuola verranno aperti e messi a disposizione per stimolarne l'utilizzo: un hackathon darà il via alla Data School

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