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Arduino, ecco le ragioni dello scontro. Quel marchio conteso tra Italia…

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l’open hardware nato a ivrea

Arduino, ecco le ragioni dello scontro. Quel marchio conteso tra Italia e Usa

Quando arrivano i soldi, le cose si complicano. È stato un passaggio doloroso per grandi colossi della new economy: Facebook, con i risarcimenti milionari per i cofondatori o presunti tali; Apple, con l'allontanamento di Steve Jobs dopo l'insediamento di John Sculley come ceo. Oggi si può guardare a quanto sta succedendo ad Arduino (a questo link le puntate precedenti). Ci sono due cause (negli Usa, Corte distrettuale del Massachusetts, e a Torino) dove l'accusa principale è violazione di marchio.

La storia della scheda che ha rivoluzionato il mondo dei maker contiene le premesse dello scontro in alcune scelte iniziali e azioni successive. Andiamo con ordine. Arduino nasce alla scuola di design di Ivrea e i fondatori sono Massimo Banzi, David Cuartielles, David Mellis e Tom Igoe. Per produrre le schede Banzi sceglie la Smart Projects di Strambino, vicino Ivrea. A capo dell'azienda c'è Gianluca Martino, che presto si trova in un duplice ruolo: oltre a essere partner industriale viene anche fatto entrare a pieno titolo tra i cofondatori. Gli accordi tra i 5 prevedono che ognuno abbia una quota del 20% di una partnership che nel 2008 diventerà l'americana Arduino Llc.

Torniamo a oggi. È proprio Arduino Llc a fare causa al suo partner Smart Projects, che nel frattempo diventa Arduino Srl, ma su questo torneremo dopo. Le cause vengono depositate sul finire del 2014. Come ci si arriva?

Il 2008 è un anno importante per Arduino. Le vendite aumentano, si moltiplicano gli articoli su riviste internazionali e diventa un'autorità nel settore. In quei mesi viene depositato (e in seguito registrato) il marchio Arduino in Italia da parte di Smart Projects e viene fatta un' estensione ad altre giurisdizioni, Ue compresa. Arduino Llc registra il marchio negli Usa l'anno dopo e – stando a quanto scrive l'accusa nelle carte giudiziarie depositate presso la Corte del Massachusetts che Nòva ha visionato – i soci vengono informati soltanto nel 2010 da Martino della registrazione fatta in Italia. Secondo Arduino Llc quanto fatto da Martino è in contrasto con gli accordi istitutivi: l'azienda aveva i diritti sul marchio e i produttori avrebbero pagato una royalty per l'utilizzo.I continui versamenti da parte di Smart Projects ne sarebbero una prova. Per questo chiede – tra le altre cose – di avere la proprietà di tutti i marchi. Salvo accordi precedenti la sentenza, la decisione arriverà dai Tribunali in Italia e Usa.

Con il passare degli anni ci sono discussioni sempre più frequenti sul modello di business. Banzi vorrebbe andare a produrre anche in Cina e in generale spingere oltre il business dell'hardware, ipotesi che Martino vede come una minaccia per il destino di Smart Projects. Le condizioni per la partnership industriale vengono meno: «Non avevo più informazioni sulle vendite» lamenta Banzi. Le difficoltà interne pesano su strategia e velocità.

Federico Musto, già vicepresident di Red Hat, entra in contatto con Banzi e Martino tre anni fa: realizza la prima scheda Arduino con Linux (la Yùn) con la sua Dog Hunter (anch'essa imputata nel processo Usa). Oggi spiega che i contrasti con Banzi sono iniziati presto e che la notifica della causa torinese è arrivata a Smart Projects il 30 settembre 2014. Da lì a poco - è novembre - Smart Projects cambia nome in Arduino Srl e la guida passa a Musto. L'azienda è controllata al 95% dal distributore svizzero Gheo Sa, a sua volta di proprietà di Musto. La stessa Gheo che possiede il 20% di Arduino Llc che spetta a Martino. Il quale, dice Musto, oggi non ha più quote, è solo project manager.

Non potrebbe esserci più confusione. Esistono due aziende che si chiamano Arduino, hanno partecipazioni comuni e nonostante questo sono in causa. A queste corrispondono due siti fotocopia (l'affermato Arduino.cc e il neonato Arduino.org). Nei forum, inizia a emergere lo stupore di chi compra le schede e trova la dicitura “.org”. «Ho dovuto fare il nuovo dominio perché ci hanno bloccato gli account verso nuovi fornitori» dice Musto, secondo cui Arduino non ha avuto una strategia industriale: «Il fatturato è in lieve crescita a 15 milioni di euro, ma abbiamo perso quote di mercato. L'obiettivo è passare a 50 milioni e poi pensare all'Ipo». Banzi rivendica l'accordo con Intel e dice che un cambio di passo va fatto: «I venture capital ci cercano da anni, ma non mi è stato permesso di finalizzare gli investimenti».

twitter.com/lucasalvioli

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