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Quell’azienda voluta da Cavour

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Quell’azienda voluta da Cavour

  • –Valerio Castronovo

di Valerio Castronovo

Con la scelta della giapponese Hitachi per l’acquisizione di Ansaldo Breda e di Ansaldo Sts, si conclude la vicenda ultrasecolare di due imprese che sono state fra le protagoniste dell’industrializzazione italiana. Continua pagina 8

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Risale al 1853 la nascita dell'Ansaldo, fondata da alcuni esponenti del mondo finanziario genovese, con la regia dell'ingegner Giovanni Ansaldo (da cui essa prese il nome), e tenuta a battesimo da Cavour, impegnato a rafforzare durante il Risorgimento le basi economiche dello Stato sabaudo. Addetto inizialmente alla costruzione di materiale ferroviario, lo stabilimento ligure divenne tra le fine dell'Ottocento e il primo ventennio del Novecento, sotto le insegne di Ferdinando Maria Perrone e poi dei figli Mario e Pio, il principale gruppo industriale italiano, a capo di vari esercizi metalmeccanici, cantieristici, siderurgici e di una casa automobilistica, nonché di una centrale idroelettrica in val d'Aosta: al punto che diede vita, alla fine della Grande Guerra, a una sorta di di “Ruhr italiana”, dalla Liguria alle Alpi.

Successivamente la Fiat sottrasse all'Ansaldo il primato di “ammiraglia” del capitalismo nazionale: finché, dopo la Grande Crisi del 1929, la società genovese passò nel convalescenziario dell'Iri per essere poi rilanciata, negli anni Cinquanta, da Finmeccanica.

Nel 1886 aveva esordito, a sua volta, l'impresa milanese che Ernesto Breda trasformò tredici anni dopo in una società per azioni, con l'appoggio della Banca Commerciale. Cugino di Vincenzo Stefano Breda, il creatore delle Acciaierie Terni, egli introdusse, tra i primi in Italia, un sistema di fabbrica ricalcato dal modello americano, che contribuì alle fortune dell'azienda, giunta nel 1908 a sfornare la sua millesima locomotiva. Ingranditosi con l'impianto di un vasto stabilimento a Sesto San Giovanni, per la produzione di diversi macchinari e dopo il 1915, anche di velivoli, la Breda visse fra gli anni Venti e Trenta una fase accidentata (anche per i dissensi sulla gestione aziendale fra Giovanni Breda, succeduto al padre ai vertici della società, e l'amministratore delegato Guido Sagramoso), ma riuscì a superare la recessione e nel 1936 inaugurò, con un elettrotreno dal profilo dinamico a struttura tubolare, il trasporto veloce su rotaia. Di fatto, alla vigilia della seconda guerra mondiale essa risultava (con gli altri suoi stabilimenti di Apuania, Roma, Napoli e un cantiere navale a Marghera) un complesso polisettoriale su scala nazionale.

La sua riconversione postbellica si prolungò in pratica per due decenni, in seguito ai piani di risanamento varati in regime commissariale (col concorso determinante del Fondo per l'industria meccanica) e poi tramite una holding finanziaria, passata (dal 1962) sotto l'egida dell'Efim. Dopo aver cambiato “cavallo” più volte, per mantenere l'occupazione nei diversi suoi opifici dal Nord al Centro-Sud, e far quadrare i conti, la Breda aveva spostato il suo asse tra gli anni Ottanta e Novanta verso i sistemi di difesa, e cercato nell'impiantistica e nella meccanica di coniugare la specializzazione con economie di scala mediante esercizi non molto grandi ma più flessibili.

Non s'era comunque sbiadita l'immagine della fabbrica di Sesto San Giovanni, rimasta il simbolo di quella che veniva chiamata la “Stalingrado d'Italia”, quale roccaforte dell'organizzazione operaia comunista, più che l'Ansaldo di Sestri e la Fiat Mirafiori.

Frattanto anche l'Ansaldo aveva percorso un itinerario impervio finché nella seconda metà degli anni Sessanta, dopo aver ceduto l'attività cantieristica e abbandonato le costruzioni ferroviarie, s'era orientata verso il settore dell'impiantistica in combinazione con quelli dell'energia e dell'elettronica. D'altronde, nei piani governativi, Genova avrebbe dovuto divenire la “città del nucleare”: ciò che si concretizzò nei decenni successivi, quando l'Ansaldo assunse il ruolo di capofila della meccanica elettronucleare. Senonché lo stop imposto dall'esito del referendum del 1987 alle centrali nucleari segnò da allora la parabola discendente del complesso genovese, divenuto poi uno dei bocconi più appetibili del processo di privatizzazione attuato attraverso il metodo dello “spezzatino”.

Fortemente ridimensionata, l'Ansaldo cercò pertanto di riguadagnare spazio nel settore originario dei trasporti mediante l'attivazione di due società come, appunto, Ansaldo Breda di Pistoia e Ansaldo Sts di Genova, poste nei mesi scorsi in vendita da Finmeccanica (in quanto non più in grado di affrontare, da sole, le sfide globali dell'industria ferroviaria).

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