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La rivoluzione di Mario Tchou

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La rivoluzione di Mario Tchou

  • –Andrea Granelli

Mario Tchou è una figura chiave eppure poco conosciuta della storia olivettiana. Fu lui a guidare l’iniziativa di ricerca e sviluppo di Olivetti nel campo dell’elettronica e fu il suo team a progettare e realizzare l’Elea 9003, «il primo computer a transistor commerciale italiano e uno tra i primi al mondo». Egea ha appena pubblicato un libro – scritto da Giuditta Parolini – che restituisce il merito a questo brillantissimo ingegnere italocinese che a 28 anni era già professore associato di ingegneria elettrica alla Columbia University di New York. Figlio di diplomatici cinesi e nato a Roma – anche se si è sempre considerato fieramente cittadino cinese in viaggio per il mondo anche nelle fasi più buie della storia di quel Paese – entrò in Olivetti nel 1955 sembra su precisa indicazione di Enrico Fermi.

La sua morte improvvisa – in un incidente d’auto – nel 1961, ad appena un anno dall’altra infausta morte improvvisa – quella di Adriano Olivetti –, mise fine a un sogno, quello dell’elettronica dei grandi sistemi. Per fortuna, però, una parte di questo sogno rimase, nonostante lo smembramento e cessione della Divisione elettronica causato dalla crisi finanziaria del 1964. Un piccolo team – capitanato da Pier Giorgio Perotto – rimase in azienda e incominciò a lavorare a un nuovo progetto: un congegno elettronico da tavolo, l’evoluzione naturale – nel mondo dell’elettronica – delle tradizionali macchine da scrivere e da calcolo. E nel 1965 nacque la Programma P101 – il primo computer da tavolo del mondo: “desk-top computer” venne chiamato dalla riviste americane quando venne presentato – con grandissimo e insperato successo, al Bema Show di New York. Torniamo però a Tchou; con lui fu possibile continuare nell’elettronica quei successi straordinari ottenuti nella meccanica. Era un uomo colto innamorato della scienza, dalla curiosità continua, dalla voglia di sapere. Era un’autentica mente indagatrice; ricorda sua moglie: «Per Mario la scienza era un grande gioco, prima che un lavoro. Non smetteva mai di scrivere, prendere appunti, pensare, ma non per produrre il calcolatore, bensì per capire». E questa mente curiosa e incontenibile ben si sposò con un’altra mente versatile e irrefrenabile: quella di Adriano Olivetti, «produttore di idee, oltre che di cose». Tchou portò in Olivetti non solo competenze tecnico-scientifiche, ma anche una grande abilità nell’organizzare il lavoro, nel coordinare squadre di ricercatori verso obiettivi quasi impossibili ma pianificabili. Fondamentale fu anche il metodo adottato per la scelta del team. Giuseppe Calogero – che si occupava di selezione del personale – ricorda che l’Ufficio personale della Olivetti allestì un gruppo di studio per tracciare il profilo dei programmatori: «... persone molto creative, ma al contempo anche problematiche, non perfettamente inserite nella società. Era dunque meglio cercarli tra quanti non erano stati in grado di concludere il proprio percorso di studi, piuttosto che tra laureati e diplomati a pieni voti».

La sfida dell’elettronica fu immensa per una società come Olivetti, che si conquistava le risorse finanziarie vendendo i propri prodotti sui mercati internazionali – pur mantenendo il cuore a Ivrea (vera azienda glocal) – senza nessun aiuto dallo Stato. Ricorda l’autrice le relazioni gestionali di Ottorino Beltrami, a quei tempi direttore della neonata Divisione elettronica: il primo anno è in perdita e il secondo anno raggiunge il pareggio. «Ma si tratta di un risultato fittizio: i costi centrali (servizi, amministrazione eccetera) e il 40% dei costi totali del laboratorio di Pregnana venivano addebitati a Ivrea». Tutto ciò è normale per un’azienda che investe... ma i capitali richiesti erano sempre più ingenti e lo sono ancora di più oggi. Basti pensare che a luglio 2014 Ibm ha annunciato di investire 3 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni in due vasti programmi di ricerca e sviluppo, che si propongono di identificare la tecnologia dei chip necessaria per soddisfare i requisiti posti dal cloud computing e le applicazioni Big data.

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