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Fattura elettronica con rischi

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Fattura elettronica con rischi

  • –Alessandro Longo

L’Italia sta per affrontare l’esame del primo grande switch off digitale, con una paura matta di prendere un cattivo voto. Nessuno può dire per certo, infatti, se sarà senza brutte sorprese il passaggio totale alla fattura elettronica, dal 31 marzo obbligatoria anche per la Pubblica amministrazione locale. In effetti, da quanto emerge dall’inchiesta di Nòva, vari punti fanno pensare che l’Italia non si sia preparata al meglio per questo esame. Tanto che «al primo veicolo legislativo utile, proporrò una legge per rimuovere l’obbligo di conservazione della fattura, per i privati. Che è il problema principale di tutta questa trasformazione», annuncia Paolo Coppola, deputato pd consigliere per l’Agenda digitale del ministro alla PA Marianna Madia.

«Pochi sanno che, per conservare a norma un oggetto informatico come la fattura elettronica, occorre uniformarsi a precise norme tecniche, istituendo un sistema di conservazione a norma», conferma l’avvocato Andrea Lisi, presidente di Anorc (Associazione nazionale per operatori e responsabili della conservazione digitale). E «l’obbligo a conservare la fattura penalizza troppo professionisti e piccole aziende, limitando i vantaggi del passaggio al digitale. Possiamo quindi dire che questi sono sostanziali solo per le amministrazioni pubbliche e per quei pochi che fanno tantissime fatture verso la Pa», aggiunge Ernesto Belisario, avvocato esperto del settore.

«Le Pmi iscritte alla Camera di Commercio possono usare gli strumenti gratuiti di Infocamere, per la conservazione. Il vero problema è per le piccole realtà», conferma Coppola. Al momento l’Agenzia per l’Italia Digitale ci ha messo una toppa facendo sviluppare soluzioni gratuite (che annuncerà la prossima settimana) per gli ordini dei commercialisti, geometri e ingegneri, per un numero limitato di fatture.

C’è comunque, a detta dei tre esperti, un eccesso di oneri per il passaggio al digitale. Ne deriva un pericolo più profondo: che tanti professionisti e piccole aziende arrivino a percepire il digitale come un balzello burocratico in più, invece di apprezzarne i vantaggi. Un paradosso, perché invece la fattura elettronica obbligatoria è stata pensata dai Governi (Letta prima, Renzi ora) anche come volano per una trasformazione culturale nel senso del digitale.

Trasformazione che però deve combattere con tanti nemici. E qui veniamo a un secondo problema segnalato dagli esperti: le difficoltà e le possibili resistenze dei Comuni nell’adottare in toto la fattura elettronica. Ad oggi solo una minoranza dei Comuni, a quanto risulta, ha fatto gli investimenti necessari di aggiornamento informatico per gestire in modo elettronico le fatture che riceverà. Ergo, la maggioranza, nell’immediato, continuerà a trattarle al vecchio modo. Ma poiché sono elettroniche, in formato Xml, quei Comuni dovranno prima convertirle a mano in un formato leggibile dagli umani. Ne risulta un allungamento dei processi, invece di quanto, al contrario, ci si augurava.

«I Comuni dovranno affrontare costi, che però prevediamo ritorneranno circa in un anno, grazie ai vantaggi del digitale - prevede Paolo Catti, esperto di questi temi presso gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano -. Certo, per ridurre costi e tempi di adeguamento, sarebbe stato preferibile centralizzare anche gli aspetti della gestione e conservazione della fattura. Ma per questo servirebbe una governance forte del digitale, in grado di dettare legge sulle autonomie locali. Ma in Italia è ancora debole», aggiunge.

«Servirebbe una nuova legge perché l’Italia possa creare un sistema end-to-end di gestione fatture nei sistemi informatici comunali e poi per poterlo imporre ai Comuni», aggiungono dall’Agenzia per l’Italia Digitale. Né l’Agid - secondo tutti gli esperti interpellati- adesso ha un’autorità abbastanza forte (derivante da un chiaro impegno politico) per spingere radicalmente in questa direzione. «L’Agenzia ha fatto bene quello che ha potuto fare», riassume Catti. «Il solo rimprovero che possiamo fare all’Agid è che sta facendo male l’alfabetizzazione informatica per la fattura - dice Lisi -: l’iniziativa del Digital Day, a riguardo, presenta parecchie lacune, manca in generale chiarezza su ruoli e responsabilità. Così come poca informazione è stata fatta sui costi delle soluzioni disponibili per gestire le fatture».

In ogni caso, adesso si parte: «E una volta andati a regime, scopriremo se ci saranno problemi. Dovremo avere il coraggio di pensare se aggiornare tutta la macchina della fattura elettronica. Che, del resto, parte già vecchia: è stata progettata dalle norme del 2008», dice Belisario.

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