Tecnologia

L’Australia decide di tassare la sharing economy come ogni altra…

  • Abbonati
  • Accedi
Uber, Airbnb & gli altri

L’Australia decide di tassare la sharing economy come ogni altra attività che generi reddito

Appena qualche giorno fa scrivevamo di sharing economy e degli effetti di questa sul mercato del lavoro. Il tema è attualissimo anche da noi, considerati i recenti sviluppi riguardanti Uber, App che - insieme ad Airbnb - della sharing economy è un po' la regina. Nell'eterna controversia fra tassisti e autisti Uber - ma anche fra albergatori e utenti che affittano camere su Airbnb, volendo estendere il campo - uno dei tasti più dolenti è quello relativo alla tassazione. Perché il profilo fiscale di chi lavora per queste società dell'economia collaborativa non è mai stato chiarito, rimanendo in un limbo abbastanza imbarazzante.

Oggi, però, una notizia che arriva dall'Australia, rischia di diventare una bomba a orologeria per le aziende californiane: il governo di Canberra ha deciso che la sharing economy va tassata come qualsiasi altra attività. Punto.

Ma andiamo con ordine, e prendiamo l'esempio (ancora) di Uber. Gli autisti iscritti al servizio Pop (quello bloccato dal tribunale di Milano qualche giorno fa, nda) sono comuni cittadini che, senza vincoli da lavoro dipendente, decidono di prestare servizio a bordo della loro auto. Quando accettano una corsa, Uber si occupa della transazione economica e tiene per sé il 20% del totale. Il resto viene versato direttamente dalla App al conto corrente del “Fornitore del Servizio”, cioè all'autista non professionista. Quest'ultimo, però, per questo servizio non rilascia alcuna ricevuta al cliente. E c'è di più: questo incasso bypassa il fisco, perché quello dell'autista UberPop, almeno secondo Uber, è un semplice “rimborso spese”, privo di rilevanza reddituale e quindi non tassabile.

Un sistema, insomma, non chiarissimo, che meriterebbe di essere rivisto e che, così com'è, non sembra il massimo. In Australia, proprio per questo, hanno deciso fare un passo importante, e il governo di Canberra ha cambiato le regole del gioco introducendo una legge che lascia poco spazio alle interpretazioni: le regole fiscali a cui sono soggette le attività convenzionali vanno applicate, in egual modo, alle attività della sharing economy. Che tu sia un autista “collaborativo” per qualche App, o un affittacamere in condivisione, vai incontro agli stessi obblighi fiscali che appartengono a un tassista o a un hotel.

Secondo l'Ato (Australian Taxation Office), per intenderci, gli autisti UberPop vanno equiparati ai tassisti tradizionali. E come questi devono pagare le tasse. Inoltre, a prescindere dal loro fatturato, devono registrarsi al Gst (Goods and services tax). In compenso, però, potranno detrarre le spese dell'automobile. Proprio come dei comuni professionisti, insomma. Chi affitta camere con servizi come Airbnb, invece, dovrà dichiarare gli incassi come altre fonti di reddito, e questo ovviamente renderà meno il quadro decisamente meno appetibile. Le nuove linee fiscali imposte dall'Ato entreranno in vigore dal prossimo 1 agosto e riguarderanno Uber e tutte le altre società di sharing economy. Che impatto potrà avere questa scelta australiana sulle decisioni di altri Paesi è ancora presto per dirlo.
@biagiosimonetta

© Riproduzione riservata