La rivoluzione digitale viaggia veloce, trascinandosi lacune normative importanti. Carenze nelle quali, spesso, le azienda sguazzano. Serve un esempio? Chiedere ai possessori di un abbonamento Pay Tv, con annesso servizio streaming (Sky Go o Premium Play, per fare alcuni esempi ndr). Al varco delle frontiere nazionali la visione è bloccata. E tanti saluti a quella partita a cui tenevi tanto. Ma la casistica può essere riconducibile a tanti altri settori, come l'e-commerce o alcuni siti di informazione. E allora non fa notizia sapere che il commercio elettronico fra paesi esteri non va oltre il 15%.
Questo limite è stato ribattezzato geo-blocking, ed altro non è che un divieto utilizzato dai fornitori di servizi sul web per limitare l'accesso ai contenuti in base al Paese in cui ci si connette. Alla faccia del Mercato Unico Europeo, insomma. Per questo la Commissione UE per la concorrenza ha deciso di aprire un'indagine che, secondo fonti vicine a Bruxelles, potrebbe concludersi fra un anno con il varo di nuove normative. Un paio di giorni fa, dagli uffici del commissario Margrethe Vestager sono partiti i primi questionari rivolti a circa 2000 aziende europee che prestano servizi online. Questionari di un centinaio di pagine attraverso i quali viene chiesto alle società di fornire informazioni circa i dati e i contratti stipulati con gli utenti. Fra le priorità di questa indagine aperte dall'UE ci sarebbe soprattutto lo streaming. L'accesso (via Internet) al proprio abbonamento Pay Tv quando si è all'estero, che al momento è reso impossibile dal geo-blocking, va regolamentato. E va resa disponibile, per i cittadini europei, la possibilità di sottoscrivere abbonamenti anche per servizi streaming di altri Paesi. Va detto che senza il geo-blocking, per esempio, in Italia si sarebbe già potuto usufruire di servizi come Netflix, che nel nostro Paese arriverà a ottobre ma in altri stati come Francia e Germania è attivo già da mesi.
La preoccupazione dell'UE è che le aziende (che siano fornitori di servizi o rivenditori di marchi) limitino le distributori al fine di ottenere una certa esclusività. Margrethe Vestager e i suoi, vogliono capire se alcuni rivenditori online stanno infrangendo la legge del Mercato Unico Europeo, rifiutandosi di vendere in alcuni mercati nazionali o reindirizzando gli utenti a siti web specifici in base al Paese. A primavera del prossimo anno il verdetto. Tempi ancora lunghi, certo. Ma è già qualcosa.
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