Dare i 30 Megabit a tutti gli italiani e i 100 Megabit all'85 per cento della popolazione, entro il 2020. Sono gli obiettivi massimi del Piano Banda ultra larga, che il Governo ha approvato al Consiglio dei Ministri, a marzo. I fondi necessari sono 12,4 miliardi di euro, di cui 6,5-7 miliardi di origine pubblica e il resto degli operatori privati che vorranno partecipare al piano.
Qualora i miliardi disponibili saranno di meno (incerti soprattutto quelli di origine privata, secondo il piano), il Governo prevede che si dovrà scendere a quota 50 per cento di popolazione coperta, a 100 Megabit, nel 2020. I 30 Megabit, in ogni caso, dovranno coprire tutti gli abitanti. Va subito chiarito che i fondi del piano governativo andranno nelle zone dove gli operatori non intendono investire con le sole proprie forze.
Le aree
Queste zone però sono state divise in quattro cluster (a seconda del livello di infrastrutture già presenti/pianificate dagli operatori). Il primo (cluster A), le principali 15 città, sono quelle in cui gli operatori si sarebbero limitati a mettere fibra fino agli armadi. Il Governo li incentiverà, con fondi pubblici, ad arrivare fino alle case, per garantire velocità di 100 Megabit e oltre. Stesso situazione nel secondo cluster (1.122 città (47 per cento della popolazione). Nel terzo gli operatori volevano fermarsi all'Adsl e il Governo li incentiverà ad arrivare alla fibra ottica nelle case (2.650 città, 22 per cento della popolazione).
Nel terzo cluster le intenzioni degli operatori erano uguali, ma il Governo si accontenterà di avere la fibra 30 Megabit (fino agli armadi): 4300 comuni, 15 per cento della popolazione. A seconda dei cluster, cambia il tipo di incentivo. Nel primo, solo incentivi fiscali. Nel secondo, i fondi pubblici saranno a debito e solo in minima parte a fondo perduto. Nel terzo cluster, i fondi saranno in parte a debito e in parte a fondo perduto. Nel quarto, sarà tutto a fondo perduto.
Inoltre, nel secondo e nel terzo cluster il Governo intende fare bandi di gara per incentivare gli operatori a costruire le reti. Nel quarto, costruirà direttamente la nuova rete e poi la darà in affitto agli operatori. Possiamo dire insomma che il piano banda ultra larga escluderà solo le zone in cui gli operatori metteranno fibra ottica nelle case con le sole proprie forze.
Sono previsti anche incentivi alla domanda: voucher gestiti dagli operatori, per abbattere i costi con cui gli utenti pagheranno la fibra ottica.
Ci sono molti aspetti innovativi in questo piano. Teniamo conto che l'Italia ne ha già avuto uno, per la banda ultra larga, ma cono fondi solo per il Sud (2007-2013).
«Con i normali investimenti degli operatori, nel 2015 avremmo avuto solo 160 città coperte da banda ultra larga. Grazie ai fondi statali, il numero sarà invece di 850, pari al 50 per cento della popolazione nel 2015, quindi ben 657 città in più, quasi tutte al Sud Italia», dice Rossella Lehnus, che ha lavorato ai due piani (il vecchio e il nuovo) prima al ministero dello Sviluppo economico e adesso a Infratel Italia (è la società inhouse ministeriale che si occupa di progettare gli investimenti pubblici nella rete).
«La nostra strategia punta dritto ai 100 Megabit, che è la sola velocità definita ultra fast broadband dall'Agenda Digitale europea. E che in Italia è una frontiera del tutto inesplorata», continua.
Le incognite
I nuovi fondi cominceranno a mostrare frutti nel 2016, dato che i primi bandi di gara saranno nel 2015. Al momento non v'è certezza su quando potranno partire gli incentivi fiscali. Le incognite riguardano, oltre all'effettivo impegno degli operatori privati, i fondi pubblici disponibili. In particolare, se sono certi i 2 miliardi di provenienza europea e utilizzabili dalle Regioni, non c'è altrettanta chiarezza sui restanti 4-5 miliardi di euro, che dovranno essere nazionali (Fondo Sviluppo e Coesione).
Il problema principale è che tutti questi fondi hanno un vincolo di localizzazione geografica a favore delle Regioni meridionali, per l'80 per cento. L'obiettivo del Governo è quindi di fare un accordo con le Regioni per ripartire in modo più equilibrato le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione a favore del Centro-Nord e così evitare gravi buchi di copertura. Il Fondo inoltre è utilizzabile solo dal 2017; il Governo conta di poterne anticipare l'uso tramite la Bei (Banca europea degli investimenti) nell'ambito del piano Juncker.
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